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27/02/2018Di quel che è accaduto in Argentina negli anni della dittatura civico-militare il mondo, ad un certo punto, ha saputo. E’ venuto a conoscenza dei tanti bambini fatti nascere nell’inferno dei centri di detenzione clandestini da madri Desaparecidas e poi dati in adozione alle coppie di militari che non potevano avere figli1. Tra il 2011 e il 2012 si è svolto a Buenos Aires anche un importante processo per apropriaciòn sistemàtica de niños terminato con la condanna dei generali dell’Esercito Jorge Rafael Videla e Reynaldo Brignone, del capitano Jorge Eduardo Acosta e di altri membri della giunta militare1. Ma di ciò che è successo in Cile tra il 1973 e il 1990, nella lunga stagione del terrore di Augusto Pinochet e dei suoi militari, si sa ancora troppo poco. Qualcosa era trapelato otto anni fa quando, a seguito di una indagine giornalistica, un sacerdote cileno2 aveva confermato alla Polizia la propria partecipazione in quattro casi di adozione irregolare di minori (uno dei quali dato falsamente per morto, l’altro battezzato dallo stesso religioso) durante gli anni della dittatura, con il coinvolgimento di ginecologi compiacenti e dei famigliari delle madri, ignare. Si era aperta una inchiesta, chiusa però nel 2015 per via della sopraggiunta prescrizione del reato. Pochi giorni fa, tuttavia, il giudice Mario Carroza, ministro en visita della Corte di Appello che sta seguendo il caso, ha svelato l’esistenza di una sorta di “rete Odessa” allestita durante la dittatura per “facilitare” le adozioni in Paesi stranieri di oltre 500 bambini sottratti alle madri poiché – era la motivazione ufficiale – versavano in condizioni di “vulnerabilità” (economica, psichica, fisica, etc.). Come ha spiegato al quotidiano cileno La Tercera l’avvocata Maria Cecilia Erazo, perito della Corte d’Appello di Santiago, fino al 1988 nel Paese sudamericano non esistevano norme che regolavano le adozioni verso Stati stranieri: il sistema solitamente utilizzato era perciò quello di dimostrare per via giudiziaria che il bambino viveva in una condizione di disagio e abbandono e che i richiedenti erano in possesso di risorse economiche sufficienti per curarlo e proteggerlo. Figura importante di questa rete illegale è Telma Uribe, una ex assistente sociale oggi quasi centenaria. Tra gli anni Settanta e Ottanta collaboratrice della Vicaria de la Solidaridad1, della Casa Nacional del Niño e di altre organizzazioni internazionali che aiutavano i cittadini stranieri a portare in patria bambini e ragazzini cileni, l’anziana Uribe – interrogata nel 2017 e sulla cui testa pende l’accusa di sottrazione di minore – conservava nella propria abitazione un vasto archivio contenente i numeri degli adottati tra il 1950 e il 2001, le loro destinazioni, i pagamenti avvenuti e altri dati di rilievo investigativo. Su un numero totale di 579 niños, 525 erano stati accolti da famiglie straniere, in particolare nordamericane (432 in un periodo compreso tra il 1970 e il 1980) e peruviane (27).
1 Videla, presidente della Junta militar argentina dal 1976 al 1981, è stato condannato a 50 anni di reclusione; Bignone, ultimo presidente, dal 1981 al 1983 a 15 anni; Acosta, responsabile dell’Esma, a 30 anni