Esclusivo. Scandalo a Rovigo: io, mia moglie e il prete

Sex affairs. “50 sfumature di grigio? Storiella stereotipata”. Parlano Marco e Isaura, coppia di cultori del sadomaso e del bondage
16/02/2015
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Lui: Paolo, un ingegnere civile ferrarese 41enne, gestore di un ristorante a Lido degli Estensi, trasferitosi a vivere ormai dieci anni fa, per amore, in un paese sul Delta del Po.

Lei: Giulia, la moglie, una biondina sui 35, madre di tre figli, supplente di inglese, da qualche tempo attivissima all’oratorio della parrocchia.

L’altro: Angelo Lazzarin, 44 anni, pizzetto sbarazzino e fisico asciutto, un’ex promessa dell’Empoli calcio, molto sportivo e molto apprezzato dalle signore del paese. Peccato che indossi la tonaca. E che sia vicario parrocchiale a Cà Tiepolo, un grumo di case tutte uguali edificate nella sterminata campagna di Porto Tolle, in provincia di Rovigo.

Da un anno Giulia fa coppia fissa con don Angelo. Si vedono praticamente tutti i giorni, e non solo in parrocchia. Ogni lunedì, e qualche altro pomeriggio, si ritrovano per giocare a tennis nel locale circolo; i week end – e perfino alcune notti – li trascorrono insieme, talvolta nella villetta dove lei vive con i figli e il marito, impegnato a tempo pieno con il ristorante.

Un po’ di tempo fa Paolo, non riuscendo a spiegarsi alcuni comportamenti della moglie, aveva deciso di rivolgersi ad una investigatrice privata di Padova, scoprendo, con sconcerto, che Giulia lo tradiva con il giovane prete. “Con la stessa persona che pochi mesi fa aveva fatto la confessione a uno dei miei figli”, chiarisce oggi l’uomo, malcelando un dolore ancora vivo per questa storia, che ha scelto di raccontare a “Gente” per la prima volta.

Una storia che da mesi è sulla bocca di tutti, non solo dei parrocchiani, e che da qualche giorno è salita alla ribalta delle cronache nazionali a causa della denuncia, per violazione di domicilio, presentata dal 41enne contro il sacerdote. “Per questa vicenda ho perso la casa, la famiglia, ci ho rimesso un sacco di soldi e mi hanno fatto passare per pazzo. Ho deciso di dire basta!”.

Una scelta che, com’è facile intuire, non deve essere stata affatto semplice. “Dal principio non ci volevo credere, perché amavo Giulia. Ma poi, una volta letti i messaggi che si scambiavano, mi è crollato il mondo addosso”. Paolo scorre qualcuno di questi sms. “Se a casa tua non è possibile per me va bene là, tu che dici?”, domanda il sacerdote alla donna. “Ok, allora, ci auguriamo la buonanotte, il bacio della buonanotte ce lo siamo già dati ampiamente”, sono ancora le parole del prete, così come sue sono queste rassicurazioni: “E’ già tutto pronto, amore”.

“Quando Giulia, in un altro messaggino, scrive: “Prepara che arrivo”, quello lì risponde: “La scala è pronta”, riferendosi probabilmente ad una scala che mia moglie avrebbe utilizzato per raggiungere dall’esterno l’alloggio del religioso. E’ chiaro che quando andava da lui, di notte, lasciava i bambini a casa da soli”.

Paolo è un uomo distrutto. E un padre preoccupato. Teme che la frequentazione continua di don Angelo li possa danneggiare.

“Sto attraversando il deserto”, dice, guardando le fotografie sparpagliate sul tavolo della casa in cui oggi vive. Sono alcuni degli scatti rubati dalla detective nei mesi di appostamenti tra case diroccate e cimiteri: i luoghi dove i due si davano appuntamento. Sono scatti inequivocabili. Mostrano gli istanti in cui la Volkswagen Touran di Giulia arriva in un luogo isolato, ai margini della statale Romea, e carica il sacerdote, che l’attende a bordo di una Fiat Punto. In una delle foto lui è vestito di nero, il look è sportivo: bavero del giubbotto sollevato fino al naso e cappuccio in testa.

“Il prete, quando entrava in macchina, si sdraiava sul sedile posteriore o addirittura, così hanno assicurato gli investigatori, dentro il bagagliaio. E poi si infilava a casa mia”. In quella villetta, poco distante dalla canonica, dove si trattenevano per ore. Come l’ingegnere riporta puntualmente nella denuncia.

“Prima di questa cosa con lui, so che mia moglie aveva avuto una relazioncina con un uomo sposato, qui del paese. L’avevo scoperto per caso”. Turbato, e con un grande senso di solitudine dentro, al tempo aveva pensato di confidarsi proprio con il religioso, sul quale la moglie aveva più volte speso parole confortanti. “Speravo di trovare un aiuto, in lui. Mi rassicurò, dicendomi di parlargli apertamente, che dovevo sentirmi come in confessionale”, spiega nella querela, dove rammenta che “durante la conversazione [don Lazzarin] si mostrava preoccupato, mi poneva molte domande”. Voleva capire infatti chi fosse la persona sulla quale cadevano i sospetti di Paolo. E, una volta sinceratosi che non si trattava di lui ma di un altro, “il suo atteggiamento indagatore è mutato repentinamente, divenendo estremamente duro e paternalistico nei miei confronti, come se fossi io il responsabile!”. E tutto questo, continua il marito, “è accaduto poco prima che lui e Giulia andassero al concerto di Vasco Rossi a Milano e trascorressero l’ultimo capodanno a Londra, come due innamorati”.

Dal sacerdote ci è tornato un seconda volta, mesi dopo. “Saputo della tresca, confermata anche dalla confessione di mia moglie, andai in parrocchia per affrontarlo”: ma questi, “prendendomi per un braccio, mi invitava a consegnargli il materiale in mio possesso che avrebbe potuto nuocergli. Gli intimai di non venire più a casa mia”.

Paolo non si ferma a don Angelo. “Quando sono andato a parlare con il vescovo di Chioggia, Monsignor Alberto Tessarolo, mi sono sentito rispondere che, le mie, erano solo chiacchiere, mentre il superiore di Lazzarin, don Fabrizio Fornaro, non ha saputo dirmi che questo: “Sono due stupidi, dovrebbero andare a cento chilometri di distanza per queste cose”. Per me è un strazio sentire ciò. Ho studiato nelle scuole cattoliche e ho sempre avuto fiducia nei preti”.

E il “don” rubacuori? Pare che continui a fare la vita di sempre. Gioca a calcio con i ragazzini, è sorridente e disponibile verso i suoi parrocchiani. Che ricambiano. Ma quando, un pomeriggio all’oratorio, gli si chiede di dire la verità, quale essa sia, anche per far tacere le voci che avvelenano il paese, cambia di colpo espressione. “Le chiedo in ginocchio di lasciarci stare – sussurra, a mani giunte – sto cercando di risolvere questo problema”. Vale a dire la tonaca o l’amore? Vedremo che cosa sceglierà.

Monica Zornetta (Gente, n.45, 11 novembre 2014)