Inchiesta. Dogane, tempesta sul concorso
30/09/2013Ordine nuovo, Affatigato: “Volevano uccidermi? Rido. Solo personaggi confusi”
22/12/2014“Nel giorno del suo venticinquesimo compleanno desidero formulare per lei i più fervidi auguri. Cordiali saluti. Sandro Pertini”. Scriveva così, in un telegramma datato 11 luglio 1980, l’allora Presidente della Repubblica ed ex partigiano “Pert” al neofascista toscano Marco Affatigato, in quel periodo latitante tra i vicoli di Nizza.
Il telegramma – 187 Roma Quirinale 27/26 11 113Q F IT GOVT con numero di cablaggio COL ETAT 06000 (nella foto) -, era stato inviato all’indirizzo di casa dell’ordinovista-ragazzino, un appartamento in Rue Beumont 16, non molto distante per la verità dal Teatro nazionale e dal Museo d’arte contemporanea, in occasione del suo compleanno, che cade il 14 di luglio.
Affatigato e l’84enne Pertini si erano conosciuti nel marzo 1980 lungo la Promenade des Anglais, proprio in faccia al Palais de la Mediterranée. Un luogo amatissimo dal Presidente, che la percorreva ogni mattina a piedi dopo aver consumato un caffè italiano vicino alla stazione e salutato gli amici di sempre.
Il giovane camerata – a quel tempo già condannato per la ricostituzione del Partito nazionale fascista e per aver favorito la fuga di Mario Tuti dopo l’assassinio dei tre agenti di polizia ad Empoli – era rifugiato a Nizza fin dal 1978. Aveva scelto di sottrarsi ai mandati di cattura emessi dalla Procura della Repubblica di Firenze, anche per il reato di associazione sovversiva, e di proseguire da lì la propria militanza politica “contro il regime partitocratico italiano e la lotta contro il comunismo”.
Sandro Pertini, invece, a Nizza ci andava in vacanza. Era solito soggiornare con la compagna nel modesto appartamento ad angolo, composto da tre stanze e da un terrazzo fiorito, all’ultimo piano del civico 49 di rue Pastorelli.
Era stato eletto Capo dello Stato da appena due anni e amava moltissimo la cittadina sulla Cote d’Azur. L’aveva conosciuta da esiliato alla fine degli anni ’20, quando sulle spalle portava il peso una condanna per attività contro il regime fascista. La sua biografia racconta di una fuga avventurosa avvenuta in Francia, a bordo di un motoscafo, con Filippo Turati, Carlo Rosselli e Ferruccio Parri. Arrivato qualche tempo dopo a Nizza aveva proseguito l’attività di propaganda antifascista allestendo perfino una stazione radio clandestina in una casetta presa in affitto a Eze, paesino a metà strada tra il capoluogo e il Principato di Monaco.
La mattina dell’incontro sulla Promenade fu Affatigato a riconoscere nell’anziano signore che fumava la pipa, seduto su una panchina, Sandro Pertini.
“Lo vidi da lontano, mentre passeggiavo. Lo riconobbi subito. Guardava il mare, dietro gli occhiali scuri. Gli passai alle spalle due o tre volte, fingendo indifferenza. Volevo assicurarmi che fosse veramente da solo, che non ci fosse con lui la scorta. A un certo punto decisi di sedermi accanto e di parlargli. Fu così che esclamai: “Presidente”. Lui voltò lo sguardo – lo notai perchè filtrava dagli occhiali – e, impugnando la pipa, replicò: “Sì”. Cominciammo allora a parlare”, ricorda con un certo orgoglio, misto a commozione, l’ex collaboratore dei servizi francesi e americani, da qualche anno tornato a vivere oltralpe dopo l’ennesimo ordine di cattura.
“Era una persona davvero straordinaria. Affabile, gentile, colta. Quando gli dissi chi ero e perché mi trovavo lì non batté ciglio, anzi mi ricordò che anche lui, da giovane, fu costretto a fuggire dal suo Paese per le proprie idee”
Tra Affatigato e Pertini nacque un rapporto fatto di rispetto reciproco. “Ci rivedemmo diverse altre volte fino a quando, immediatamente dopo la tragedia accaduta al Dc 9 – Itavia, abbattuto sopra il mare di Ustica il 27 giugno 1980, una telefonata del tenente colonnello del Sismi, Federico Mannucci Benincasa, attribuì falsamente la mia presenza sull’aereo e si spinse a dichiarare il mio decesso, avvenuto mentre – a suo dire – stavo facendo esplodere una bomba a bordo. Queste affermazioni fecero logicamente convogliare su di me le indagini”.
Tuttavia l’ipotesi “attentato-Affatigato” cadde quasi subito, poiché il giovane camerata risultava essere ancora in vita. Non resistette molto neppure la falsa pista creata dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Anche in questo caso il neofascista toscano, “segnalato” di nuovo come autore della carneficina dagli uomini del Sismi – comandati dal generale Pietro Musumeci e dal generale Giuseppe Santovito -, ne uscirà pulito.
Oggi Marco Affatigato racconta che il giorno dopo la strage alla stazione, quando tutti lo ritenevano il colpevole, Pertini ne prese invece con impeto le difese: “E’ impossibile, lo conosco”, avrebbe detto nel corso di una riunione.
Il 4 agosto, comunque, a seguito dell’applicazione del Trattato di Yalta, l’estremista venne arrestato e il 19 settembre estradato in Italia. Venne rinchiuso in una cella della sezione speciale del carcere di Ferrara. E qui il vecchio “Pert” lo andò a trovare.
Era novembre quando il Presidente fece il suo ingresso nel carcere.
Quel giorno il detenuto venne avvisato all’ultimo momento di una “visita particolare” che lo attendeva; il colloquio con il “misterioso visitatore” si sarebbe svolto nell’ufficio del direttore del penitenziario.
E infatti, solamente nell’attimo in cui mise piede in quella stanza, Marco Affatigato scoprì che si trattava di Pertini.
Fu, la sua, solo una visita “umanitaria” o i motivi, in quegli anni di piombo, erano altri?