Corpo trovato nel rio Chubut. Adriana Meyer: «L’ autopsia dirà se è di Maldonado ma per i Mapuche prima non c’era. Forse il governo teme un nuovo effetto Torres»
18/10/2017Lo Stato argentino e la repressione Mapuche davanti alla Cidh. Attesi gli esiti dell’autopsia per chiarire come e quando è morto Santiago Maldonado
02/11/2017A quanti si chiedevano quanto e come il caso di Santiago Maldonado avrebbe potuto influenzare il voto di domenica scorsa, il trionfo di Cambiemos dà loro la risposta.
A dispetto dell’ambiguità e opacità delle posizioni del governo di Mauricio Macri in questa vicenda e della sua politica di stampo negazionista dei crimini della dittatura civico-militare, nonostante le iniziative di repressione dei popoli originari – dalla detenzione della lìder dell’organizzazione Tupac Amaru Milagro Sala a quella del lonko della comunità Lof en Resistencia di Cushamen, Facundo Huala Jones – e delle denunce giunte dagli organismi internazionali dei diritti umani, la coalizione di Macri si è imposta domenica nelle principali province argentine e nella capitale del Paese raggiungendo un risultato che, da quel che riferiscono gli analisti, non avveniva dai tempi di Raùl Alfonsìn. Una vittoria che, però, non cancella i tanti dubbi, i sospetti e i misteri che hanno circondato la sparizione prima, e la riapparizione 80 giorni dopo, ormai cadavere, di Santiago.
Uno di questi – a riportarlo è la giornalista argentina Adriana Meyer in un articolo su Pagina 12 – riguarda il provvedimento firmato venerdì 13 ottobre dal magistrato che coordina l’inchiesta per la desapariciòn forzada, quel Guillermo Gustavo Lleral che al principio tanto aveva fatto ben sperare la famiglia Maldonado, la comunità originaria di Cushamen e i referenti per i diritti umani. Nel documento vi era l’ordine del giudice federale di effettuare una nuova perlustrazione del rio Chubut allo scopo di trovare prove e altri elementi utili alle indagini, concentrando in particolare gli sforzi in un’area compresa tra il sito della Pu Lof en Resistencia e la estancia Leleque della Compañía “Tierras Sud Argentino S.A.”, vale a dire il centro nevralgico degli affari della famiglia Benetton in Patagonia1. La nuova ricognizione diurna era stata estesa da Lleral anche al fratello del giovane scomparso, Sergio, all’avvocata della famiglia Maldonado, Veronica Heredia, ai membri della comunità Mapuche di Cushamen e a quelli dell’Asamblea Permanente por los Derechos Humanos della regione: a tutti il giudice aveva raccomandato di mantenere il più stretto riserbo sul contenuto dell’atto.
Alle 7 del mattino del 17 ottobre era scattato il blitz che in poche ore aveva portato al ritrovamento del corpo senza vita di Santiaguito. Un’azione “fortunata”, è il caso di dire, che sarebbe stata consigliata al giudice federale dal prefetto principale Leandro Antonio Ruata, giudice della delegazione San Carlos de Bariloche della Prefettura Navale, specializzato in immersioni e in salvataggi nonchè ufficiale incaricato allo svolgimento delle precedenti investigazioni compiute nel rio Chubut, quelle, cioè, coordinate dal deposto Guido Otranto2. Sarebbe stato lo stesso Ruata
a spiegare al giudice che, sebbene le ricerche pregresse si fossero svolte con buone condizioni di visibilità, sarebbe stata buona cosa ripassare completamente il rio Chubut, dal letto alla valle per una lunghezza di circa 60 chilometri, a bordo di imbarcazioni e con l’ausilio di cani addestrati e di sommozzatori. “Io farei un ripasso completo di tutte le zone”, avrebbe suggerito. Lleral, trovatosi d’accordo, aveva immediatamente nominato Ruata alla testa del nuovo operativo e, insieme a lui, Carlos Somigliana dell’Equipo Argentino de Antropología Forense con altri, ma non – scriveva saggiamente il giudice nel provvedimento – i rappresentanti dello “Stato nazionale argentino che risultano essere stati denunciati a livello internazionale” e delle forze di sicurezza e dei funzionari “che eventualmente possono essere stati coinvolti nei fatti”. Per evitare conflitti con la piccola comunità Mapuche, il magistrato aveva ordinato inoltre che il personale della Prefettura Navale Argentina operasse completamente disarmato. Lasciato ufficialmente fuori dai giochi l’esecutivo, Lleral sarebbe però andato a chiedere al funzionario del dicastero della Sicurezza, Gonzalo Canè (uomo, in altre parole, della contestata ministra ex peronista Patricia Bullrich, quella che fin dal principio ha difeso a spada tratta la Gendarmeria e accusato i Mapuche), informazioni circa il modo con cui coordinarsi con la Direzione nazionale di Cinotecnica, “per poter contare su cani specializzati nel ritrovamento di resti umani in acqua”.
Il recupero nelle acque ormai alte – per i disgeli e le pioggie – del rio Chubut, avveniva come detto verso mezzogiorno, negli istanti immediatamente successivi al ribaltamento della barca su cui si trovava il principale testimone dell’indagine, il giovane Mapuche Matias Santana3, insieme con altri della Prefettura Navale, a causa forse di una manovra sbagliata.
“Minuti dopo”, ha scritto Saturn su La Izquierda Diario, “uno dei sub della Prefettura annunciava il ritrovamento del corpo, il quale stava galleggiando senza alcun tipo di ormeggio ai rami e alle radici di cui questa costa pullula”. Una volta recuperato il cadavere, Lleral decideva di interrompere le ricerche di ulteriori elementi utili all’inchiesta e di non raggiungere quindi la estancia dei Benetton, come invece annunciato nel documento4. Benetton sarebbe stato dunque tenuto fuori, ancora una volta. Perchè? Sergio Nahuelquin, rappresentante e portavoce della Pu Lof en Resistencia, ha raccontato a Pagina 12 che quando la famiglia Benetton arrivò e li spogliò di 900 mila ettari di terre e delle risorse per loro vitali, come prima cosa collocò nel suo nuovo territorio un commissariato (una sorta di distaccamento della polizia del Chubut a Leleque, un subcommissariato, per meglio dire, con tanto di stemma ufficiale), e poi li cacciò. «Il sindaco di El Maiten dice: “Grazie a Benetton paghiamo la tredicesima” e quando, nel gennaio scorso, c’è stata la repressione, i gendarmi erano stati fatti alloggiare nel gimnasio che questo signore ha donato alla comunità, fornendo loro anche il catering. Tutto gira intorno a qui […] Qui non arriva lo Stato… e se ci arriva lo fa solo per reprimere Pu Lof en Resistencia». Proprio come accadde qualche secolo fa con i popoli nativi del nordamerica, ai pueblos originarios, presenti in queste terre prima che arrivassero le navi cariche di europei, invece del cibo e delle terre fertili, la politica nazionale distribuisce alcolici e, con l’aiuto dei media “amici”, diffonde ritratti falsati come quelli che li vede collegati all’organizzazione Resistenza Ancestrale Mapuche Ram, ai curdi, ad Al Qaida e all’Eta, finanziati dal governo Kirchner e con un attivo centro decisionale al numero 6 di Lodge Street, a Bristol, eccetera eccetera. Nei giorni successivi alla identificazione di Santiago alcuni media argentini, su tutti il Clarin di Hector Magnetto, avevano inoltre diffuso la notizia della possibile consegna ad un testimone Mapuche (identificato solo come “testigo E”5: la sua testimonianza è inclusa in una nota della Commissione interamericana sui diritti umani dell’Oas) della taglia milionaria messa dal governo in favore di chi avesse dato informazioni utili al ritrovamento del giovane. Una notizia smentita dallo stesso Lleral, per il quale non esisterebbe, nel provvedimento, alcuna dichiarazione di un testigo E: «Mai dichiarò in una sede giudiziaria, mi ha avuto contatti con me e con nessuno di questo tribunale: Non so chi sia il testigo E. può aver parlato in via extragiudiziale, come fanno tante persone che parlano di tante cose delle quali non sapiiamo se corrispondo a bugia o verità», ha detto a Pagina 12 prima e a La Nacion poi, precisando inoltre che la decisione di andare a perlustrare nuovamente il rio è stata sua e di nessun altro, «nè della comunità Mapuche, né di quella di Esquel. […] Il caso classificato come desaparición forzada non è chiuso, perchè c’è una indagine penale in corso».
L’autopsia, effettuata venerdì scorso, ha stabilito che il corpo del giovane sarebbe rimasto in acqua almeno una settimana e, da quel che ha dichiarato Lleral, non presenterebbe segni di aggressione, di coltellate o di armi da fuoco: solo piccoli morsi praticati dai pesci che popolano il fiume. Se la morte può essere avvenuta, secondo i 50 esperti, per “asfissia da immersione” o qualsiasi altra causa legata all’acqua gelata, ciò andrebbe spiegato con una sua permanenza nel rio mentre la Gendarmeria attaccava la piccola comunità Pu Lof en Resistencia costringendo i sette manifestanti rimasti ad attraversarlo e a rifugiarsi su una altura. Santiago non sapeva nuotare, aveva paura dell’acqua fin da bambino e quindi non vi si sarebbe mai avvicinato se non in presenza di una situazione che sentiva essere di forte pericolo. Peraltro quel giorno indossava moltissimi indumenti6 che, con il loro peso, hanno contribuito con decisione a spingerlo giù. Purtroppo le riprese della maxi retata che si è svolta quel giorno – decisa (o imposta) il giorno precedente a Bariloche nel corso di una animata riunione tra il capo di gabinetto di Bullrich, Pablo Noceti, i ministri del governo del Chubut e quello di Rio Negro, la procuratrice del Rio Negro, la Gendarmeria, la Polizia di Sicurezza Aeroportuaria, la Prefettura – con protagonisti 100 agenti armati e 8 Mapuche disarmati, sono state successivamente tagliate, le camionette lavate, i registri della polizia manomessi. Si attendono adesso i risultati degli esami complementari sul corpo previsti tra un paio di settimane, grazie ai quali si potrà accertare con esattezza la causa e per quanto tempo il corpo senza vita di Santiago è rimasto in acqua. Ieri il fratello di Santiago, Sergio, è stato sentito dalla Commissione interamericana dei Diritti Umani a Montevideo, Uruguay, per affrontare la questione e chiedere giustizia. «Dal 1 agosto Macri non si è mai preoccupato, però il 20 ottobre, pochi giorni prima del voto, ha telefonato inopportunamente a mia madre usando così Santiago per i suoi fini politici pre-elettorali». Nella stessa occasione l’avvocato Heredia ha detto: «Siamo davanti ad un nuova forma di desapariciòn forzada in democrazia. Non c’è bisogno di 30 mila Desaparecidos ma di un caso capace di disciplinare la gente innanzi al terrore generato dalla desapariciòn […] Tutte le prove contenute nella pratica dell’habeas corpus come in quella della sparizione forzata danno conto oggi, una volta di più, che la Gendarmeria è la responsabile della morte di Santiago». La famiglia ha chiesto l’invio di periti o di osservatori a Buenos Aires per integrare le indagini sulla morte del ragazzo, poichè, ha ribadito la legale, «oggi sono in pericolo l’imparzialità, l’indipendenza e la rapidità delle indagini».
1 Come ha scritto il giornalista Daniel Satur su La Izquierda Diario: “Questo luogo è […] il centro delle operazioni del gruppo Benetton nella regione. […] Lì è attivo una sorta di distaccamento virtuale della Gendarmeria e il covo delle guardie bianche che spesso compiono attentati contro le comunità Mapuche […] Da quando è sparito Santiago Maldonado, il luogo è stato nominato come una delle possibili destinazioni del giovane artigiano sequestrato”.
2 Ruata era tra gli uomini che il 4 ottobre scorso hanno accompagnato Lleral in visita amichevole a Cushamen, presso la comunità Lof en Resistencia.
3Santana ha raccontato che Santiago arrivò al fiume, e poi, non potendo continuare, cerco di tornare indietro, ma lì’ incontrò i gendarmi che spararono e altri che lanciavano pietre.
4In attesa dell’arrivo di Alejandro Inchaurregui, il perito della famiglia Maldonado, e del trasporto della salma del giovane a Neuquen, il fratello di Santiago, l’avvocatessa, i rappresentanti Mapuche e i due attivisti della APDH avevano tenuto d’occhio la scena del ritrovamento così da scorgere e denunciare eventuali alterazioni o manomissioni.
5 Si chiamerebbe Luca e avrebbe 19 anni e mezzo, secondo quanto riportato da Pagina 12. In base alla sua dichiarazione rilasciati agli avvocati dei Diritti Umani Santiago avrebbe cercato di attraversare il fiume insieme con lui ma poi, arrivati in una parte profonda e non sapendo egli nuotare, avrebbe deciso di fare ritorno in riva. A un certo punto si sarebbe nascosto tra il fogliame, con il corpo nell‘acqua gelata. Alcuni gendarmi, vista la scena, sarbbero andati a prelevarlo, portandolo via.
6 Una maglietta, 3 pullover di lana, 3 paia di pantaloni di cui uno da neve e uno di pile, 1 giacca, un paio di scarponi tipo anfibio, 2 paia di calze, 1 sciarpa, un borsello. Pesato, nel corso dell’autopsia, con i vestiti, Santiago raggiungeva gli 83 chili, senza, 52.