Arte & impresa. L’idea e il talento di madre e figlie per creare gioielli esportati in Usa
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21/02/2018Questa è la storia di una piccola azienda famigliare trevigiana che fino al 1989 lavorava per conto terzi, tagliando e cucendo pellami destinati a sedie e a poltrone, e che venticinque anni dopo, o forse qualcuno in più, è diventata una delle realtà più importanti del contract e del design europeo. Il suo nome è Arper e la sua sede madre è a Monastier di Treviso, a una manciata di chilometri da quello che nel 1918 era il fronte del “leggendario” Piave. A fondarla è stata la famiglia Feltrin: l’intraprendente padre Luigi, classe 1934, un ex emigrante in Svizzera un po’ muratore, un po’ stuccatore e un po’ tappezziere, insieme con i figli Claudio e Mauro. «Dopo aver prodotto per anni sedute per conto terzi con un’altra ditta, nel 1989 abbiamo cominciato a realizzarle completamente noi: qualcuna l’avevo disegnata pure io», racconta Claudio, 58 anni, un diploma di maestro d’arte in tasca, Ceo e, dall’anno scorso, anche dinamico presidente dell’azienda di famiglia. «Dopo poco, però, erano emersi alcuni problemi: dovevamo combattere contro i mostri sacri del design come Zanotti o Cassina e il mercato, a un certo punto, aveva raggiunto la sua saturazione. Per le nostre sedie dal gusto “moderno” (non erano né di design né di stile classico) cominciava a non esserci più posto».
La svolta arriva grazie a un architetto bonaerense, Alberto Lievore, espatriato in Spagna nel 1976 dove, anni dopo, fonda a Barcellona lo studio LAM con Jeannette Altherr e Manuel Molina. Claudio Feltrin lo conosce grazie a un amico di famiglia: la sintonia tra loro è immediata. Grazie anche al confronto con l’architetto Feltrin capisce che è ora di uscire dal guscio, di abbandonare pelle e cuoio per rivolgersi al mercato del contract, proponendo ai clienti soluzioni di design e un approccio più umanistico. «A quel punto era chiaro che potevamo fare il grande salto. Abbiamo così messo a punto la struttura manageriale dell’azienda e avviato importanti investimenti: cataloghi nuovi, nuovi mercati e molte fiere. Il tutto supportato dalle numerose competenze acquisite negli anni e dall’enorme expertise che arrivava, e ancora arriva, dal territorio, senza il quale non saremmo la Arper di oggi: una azienda con un giro d’affari di 70 milioni di euro».
Insieme con lo studio LAM la Arper ha realizzato collezioni apprezzate in tutto il mondo, continuando, contestualmente, a fare ricerca in tutti gli aspetti del design. In collaborazione con un altro studio catalano, Maio, l’azienda veneta ha progettato lo stand del Salone del Mobile di Milano 2017 ottenendo il prestigioso Iconic Award Best of the Best.
Nel 2011 Mauro Feltrin ha lasciato il suo incarico di direttore commerciale (rimanendo tuttavia nella struttura societaria) per trasferirsi nel Kent, dove ha fondato l’impresa 404 Ltd che si occupa di gestione di servizi It e nel 2012 ha fatto il suo ingresso il secondogenito di Claudio, Giulio, che oggi ricopre il ruolo di Business development manager.
Attualmente la Arper vende in 90 Paesi e conta 250 dipendenti tra la casa madre e le 11 consociate/show rooms nel mondo. Ma c’è di più: «A noi interessa la gioia che il lavoro dà quando riusciamo ad esprimere le nostre potenzialità. Mettiamo l’uomo al centro di tutto: è per questo che tra il 2014 e il 2015 abbiamo sostenuto una grande mostra sull’architetto italo-brasiliano Lina Bo Bardi (“Lina Bo Bardi: Together”), ospitata da numerosi musei e istituzioni d’architettura europee e nordamericane, e abbiamo riprodotto la sua celebre Bardi’s Bowl Chair del 1951 in edizione limitata», confida Feltrin.
«Vogliamo che Arper sia qualcosa di più di una azienda di design: vogliamo che sia un centro propulsore di nuove energie e uno stimolo per imparare ad amare la vita, con tutte le sue complicazioni. Perché, come ci ha sempre detto papà: “Abbiate fiducia in voi, nelle vostre forze… e non rimandate a domani quello che potete fare oggi”».
Monica Zornetta (Avvenire, 24 gennaio 2018)