Estradizione Facundo Jones Huala: domani il processo. L’avvocato: «Non è un terrorista, Priebke trattato meglio»

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L’ennesimo atto della campagna di demonizzazione e criminalizzazione messa in atto dallo Stato argentino e da quello cileno contro i pueblos originarios si consumerà domani mattina a San Carlos de Bariloche con l’inizio del secondo processo per la definizione della richiesta di estradizione sollecitata dal Cile nei confronti di Facundo Jones Huala, il trentaduenne lonko capo in in lingua Mapuche della comunità Lof en Resistencia di Cushamen, nel Chubut1. Jones Huala, nato a Bariloche e membro del Movimiento Mapuche Autónomo del Puelmapu (M.A.P.), era stato arrestato nel maggio 2016 dalla Gendarmeria argentina a Ruio Villegas, nei pressi del rionegrino El Bolsòn, lungo la Ruta Nacional 402 e detenuto nel carcere federale Unità 14 di Esquel dal 27 giugno 2017.

Sulla sua testa pendeva dal 2013 un ordine di cattura firmato dal giudice federale di Bariloche, Gustavo Villanueva, per alcuni fatti accaduti quello stesso anno nella regione dell’Araucania3: dalla detenzione illegale di armi e munizioni di fabbricazione artigianale all’incendio di una casa nel fondo Pisu Pisuè, a San Bueno del Chile. Insieme a lui – fuggito, in quel periodo, dai domiciliari – erano finiti in manette altri cinque Mapuche cileni, scarcerati però dopo pochi mesi per mancanza di prove. Nell’ottobre 2016 Facundo Jones Huala si era ritrovato imputato nel primo processo per la definizione della richiesta cilena di estradizione ma, a causa delle accertate torture di polizia subite tempo prima da un testimone-chiave (Gonzalo Cabrera di Gualjainam, nel dipartimento di Cushamen) affinchè rendesse false dichiarazioni, il giudice federale di Esquel, Guido Otranto, aveva ritenuto di non accogliere la richiesta e così il lonko era stato rimesso in libertà. Tuttavia, l’ordine di cattura iniziale era ancora valido per l’Interpol e a quel punto Villanueva aveva ordinato l’arresto del giovane: la sua legale, la comodorense 4 specializzata nella difesa dei popoli indigeni e vicepresidente della AADIAsociacion de Abogados/as de Derecho Indigena de la Republica Argentina, Sonia Ivanoff, era subito ricorsa in appello ma nell’agosto 2017 la Corte Suprema di Giustizia aveva rifiutato disponendo anzi un secondo processo di estradizione. Quello, cioè, che si apre domani alle 8.30 al gimnasio municipal numero 3 di San Carlos de Bariloche.

L’avvocata Ivanoff, sentita da chi scrive, ritiene che lo Stato argentino si sta accanendo contro Jones Huala senza prendere in considerazione la storia di questo popolo, per il quale la terra non possiede confini. «I governi (non solo quello guidato da Mauricio Macri, nda) non vogliono ammettere che la popolazione argentina è composta per una percentuale diversa dai popoli indigeni e che nelle stanze del potere si trovani i cognomi delle persone più abbienti che nella seconda metà dell’Ottocento hanno partecipato allo sterminio dei nativi e, di conseguenza, alla prima fondazione del Paese. Jones Huala è un cittadino argentino e non ha riportato alcuna condanna», ha continuato la legale, «egli non appartiene ad alcuno schieramento armato5 bensì al M.A.P. e rivendica il diritto su alcuni territori che non interferiscono con le proprietà del Cile o dell’Argentina ma dai quali i governi, e mi riferisco in special modo a quello argentino, hanno cercato di trarre profitto, permettendone lo sfruttamento a ricchi stranieri». Ivanoff parla di processo politico deciso da Macri insieme alla presidenta del Cile Michelle Bachelet, «e ad una strategia precisa per colpire quel popolo, per metterlo a tacere, come d’altro canto sta avvenendo da secoli. La mancanza di rispetto verso quella cultura e quell’identità la vediamo dal modo in cui i governi agiscono nei loro confronti: come se dovessero cioè combattere organizzazioni criminali». L’udienza di domani4, che si limiterà ad analizzare la richiesta di estradizione senza affrontare la questione della responsabilità o meno di Jones Huala nei delitti che il Cile gli addebita, sarà fortemente presidiata dalle forze di sicurezza per via delle annunciate proteste all’esterno del gimnasio municipal nel barrio San Francisco da parte di organizzazioni sindacali e per i diritti umani, di politici e delle comunità Mapuche. Sono proteste motivate anche dalla presenza, in veste di pubblico ministero, di Jorge Bagur Creta, ex procuratore federale di Bariloche oggi in pensione che al processo sarà presente in base ad un accordo della Suprema Corte, essendo egli il fiscal che aveva negato la richiesta di scarcerazione del giovane Mapuche. «Bagur Creta ha seguito diverse estradizioni, tra le quali quella del criminale nazista Erich Priebke», ha dichiarato Sonia Ivanoff al quotidiano Telàm, «che venne trattato molto meglio di Facundo, detenuto illegalmente senza alcuna prova».

1Dove nel 2015 è cominciato un processo di recuperacion territorial ancestral

2La Ruta Nacional 40 è una delle più celebri strade argentine. Lunga 5224 chilometri (meno della metà asfaltati) collega le provincia di Jujuy, al confine con la Bolivia, e quella di Santa Cruz attraversando 14 parchi, 230 ponti, 27 passi montani e innumerevoli villaggi

3Ma anche in Argentina: l’incendio del rifugio Neumeyer (dal nome di Juan Javier Neumeyer, il fondatore, con il nazista rifugiato in Argentina Otto Meiling, con Emilio Frey e Reinaldo Knapp, del Club Andino Bariloche)

4Da Comodoro Rivadavia, città del Chubut ai piedi del Cerro Chenque e affacciata sul golfo San Jorge

La Resistencia Ancestral Mapuche, da molti ritenuta una creatura dell’intelligence argentina