In sciopero della fame e della sete per i diritti dei Mapuche: peggiorano le condizioni di salute di Facundo Jones Huala
19/06/2018Jones Huala estradato in Cile con tempi e modi da boss del narcotraffico; ora teme possibili torture in carcere. Ignorata dal governo argentino la richiesta dell’Onu
12/09/2018Alla fine la conferma della Corte Suprema di Giustizia argentina è arrivata. Facundo Jones Huala, il poco più che trentenne capo della comunità Mapuche Pu Lof en Resistencia di Cushamen, dal 2015 in aperto conflitto territoriale con Benetton[1], sarà presto estradato in Cile per rispondere al giudice circa i presunti crimini commessi nel 2013 nel comune di Rìo Bueno: l’incendio di una casa nel fondo Pisu Pisuè e la detenzione di arma di fabbricazione artigianale. Respinte tutte le eccezioni della difesa, i giudici ne hanno accolta solamente una: che l’autorità giudiziaria cilena consideri, al momento di stabilire la pena, gli anni di prigione già trascorsi dal lonko in Argentina. Il giovane, infatti, si trova detenuto senza condanna ormai dal 28 giugno 2017.
I magistrati del massimo Tribunale giudiziario della Repubblica argentina hanno ritenuto all’unanimità che, diversamente da quanto aveva esposto la sua legale, Sonia Ivanoff, in Cile non sussistano rischi per Jones Huala di possibili persecuzioni per razza o nazionalità né che egli possa essere sottoposto a una pena crudele, inumana o degradante o, ancora, di essere perseguito politicamente. Sabato scorso, a poche ore dalla pronuncia dei giudici, il lonko della Lof en Resistencia è stato prelevato da diversi agenti della Polizia federale argentina – in modo piuttosto violento e, secondo i testimoni, illegale (vedi il video: https://www.youtube.com/watch?v=mQ5-q33LXI8)- dalla casa esquelense della nonna materna dove dal 27 luglio stava scontando gli arresti domiciliari, per essere portato nuovamente nell’Unità penitenziaria 14.
La decisione del giudice surrogante di Bariloche, Gustavo Villanueva, sarebbe stata motivata dalla necessità di rafforzare le misure di sicurezza in modo da impedire una sua eventuale fuga in vista dell’imminente estradizione. La legge prevede ora che la Cancelleria esprima entro un certo tempo (10 giorni lavorativi) il proprio parere – dopo aver consultato il presidente Mauricio Macri – e che lo comunichi all’Ambasciata cilena. In un Paese strozzato da una grave crisi economica, da una inchiesta per corruzione che ha travolto politica e imprenditoria e dalla costante violazione dei diritti umani, la decisione di Villanueva ha sollevato critiche e polemiche tanto da far dire al giornalista Francisco Nano Peralta: «Così come nella causa sull’assassinio di Rafael Nahuel», avvenuto anch’esso nella provincia di Rìo Negro, pure qui il giudice «dimostra di essere molto occupato a entrare nelle grazie della politica del nemico interno di Macri/Bullrich e con i poteri economici che operano in Patagonia anziché con qualcosa di simile alla legge e alla giustizia».
Non è difficile ricondurre le sue parole alla recentissima iniziativa intrapresa da Villanueva di non autorizzare i difensori dei due Mapuche[2] che il 25 novembre 2017 – quando il 22enne Nahuel, componente della comunità Lafken Winkul Mapu, è stato assassinato dal caporale Francisco Javier Pintos del Grupo Albatros della Prefettura navale -, hanno trasportato ai piedi della montagna il ragazzo ferito, a nominare un perito per partecipare all’analisi degli indumenti da loro indossati quel tragico giorno[3]. L’autorizzazione è stata riservata solamente al perito nominato dal difensore del militare, ovvero a Jorge Norberto Delgado che sta a capo della divisione Scientifica della Prefettura Navale argentina, anch’essa, come la “famigerata” Gendarmeria, dipendente del ministero di Sicurezza retto dalla ricca ex guerrigliera montonera Patricia Bullrich.
L’indagine per far luce sulla morte di Rafael, avvenuta durante l’operazione di sgombero di un terreno boscoso recuperato dalla comunità Lafken Winkul Mapu a Villa Mascardi, non molto distante da Bariloche, sta dunque procedendo a rilento, tra molte ombre e continui tentativi di “insabbiamento” da parte delle istituzioni, come ha denunciato anche il legale della famiglia Nahuel, Marcos Miguel.
Miguel, che alcuni mesi fa aveva chiesto l’arresto di Pintos (indagato a giugno e sempre proclamatosi innocente), ha replicato così alle dichiarazioni di Bullrich sulla solita “legittima difesa” della polizia contro gli aggressivi Mapuche: «Bullrich non deve dire cose che non esistono nel fascicolo […] Lei vuole confondere le circostanze» in cui è avvenuta la morte. Com’è già emerso dalla perizia balistica, infatti, sulle mani dello sfortunato ragazzo non sono state trovate tracce di polvere da sparo o di esplosivo mentre è stato stabilito che il proiettile di nove millimetri che l’ha ucciso apparteneva alle forze di sicurezza argentine. «Non c’è niente, nel fascicolo, di tutto quello che va affermando Bullrich: né che Rafael fosse un usurpatore né che appartenesse alla Resistencia Ancestral Mapuche».
[1] Padrone, con la sua Compania de Tierra Sud Argentino S.A, di 900 mila ettari di suolo ancestrale nella regione Patagonica
[2] Fausto Jones Huala, fratello di Facundo, e Laureano Alejandro Gonzales, entrambi con un mandato di cattura spiccato dallo stesso Villanueva per usurpazione e attentato alle autorità
[3] La motivazione è la contumacia. I loro avvocati però hanno contestato questa decisione ritenendo che violi i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione nazionale, quali la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa.