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La compagnia di un animale è una medicina di lunga e sana vita, capace di prevenire e curare alcuni disturbi e determinate patologie e, specialmente per gli anziani, di ridurre le visite mediche del 15% (portando, in questo modo, anche a un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale)
Che la vicinanza degli animali agli esseri umani avesse il potere di guarire lo avevano già intuito gli antichi ma è con l’Età dei Lumi, e con le prime pratiche di quella che prenderà il nome di zooterapia, o pet therapy, che tale potere, o meglio, il potere delle loro interazioni fisiche e affettive ha cominciato ad interessare la scienza. Oggi tutti noi sappiamo, grazie ai risultati di innumerevoli studi e all’esperienza diretta, che la vicinanza di un animale aiuta a stare meglio: ci fa sentire meno soli, meno ansiosi e stressati, più felici ed empatici, rafforza il nostro sistema immunitario meglio di tanti integratori e incide positivamente anche sulla qualità del sonno.
Ma non solo: i dati contenuti in un rapporto che la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria ha diffuso nell’ultimo congresso nazionale di Firenze hanno aggiunto altri importanti tasselli a questo mosaico di benefici, dimostrando come gli effetti dell’interazione con gli animali siano persino sorprendenti quando si tratta di over 65.
L’introduzione di Interventi Assistiti con gli Animali – cioè la pet therapy – nelle persone al di sopra dei 65 anni ha permesso, infatti, di ottenere significativi giovamenti in particolare su demenza, ansia, depressione e diabete. Sono molti gli studi scientifici che confermano come la compagnia di un animale domestico, stimolando l’attività motoria, porti a vere e proprie modificazioni fisiologiche che permettono di abbassare la pressione sanguigna, ridurre e il colesterolo e i trigliceridi, rallentare il ritmo cardiaco e respiratorio, proteggendo il cuore dal rischio di ictus e infarto.
Tutto questo, ha continuato il rapporto della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, si traduce in un calo del 15% delle visite mediche e – come aveva già evidenziato qualche anno prima un rapporto di Senior Italia Federanziani e Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani – in un possibile risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale di circa 4 miliardi di euro l’anno.
Stili di vita sani, ricorso a interventi non farmacologici e, appunto, il contatto con gli animali può contribuire perciò a migliorare in modo importante il benessere delle persone anziane, come prevede peraltro anche l’approccio One Health.
Per favorire tutto questo, da un paio d’anni in Italia è nata l’associazione VETeris, che unisce le competenze di veterinari e medici geriatri. «La capacità degli animali di sviluppare un complesso sistema comunicativo non verbale con gli esseri umani, che nulla ha a che fare con il linguaggio e la memoria, competenze spesso compromesse in presenza di demenza è alla base del loro utilizzo come terapia complementare, soprattutto negli anziani con difficoltà cognitive o con patologie psichiatriche», ha spiegato il suo vicepresidente, Marco Melosi. «Infatti, anche una semplice azione, come accarezzare l’animale, ravviva i meccanismi cerebrali dell’attenzione e stimola il coordinamento psicomotorio». A confermarlo è anche un recente studio condotto da VETeris insieme con l’associazione Humanimal su anziani con demenza lieve residenti in una Rsa di Firenze: dopo l’introduzione di cani addestrati è stata osservata una riduzione dell’83,3% dei disturbi psico-comportamentali associati alla demenza.
Poiché esiste un’equazione che regola il rapporto tra l’essere umano e i suoi pet è oggi più che mai necessario prestare attenzione al benessere degli animali: se vogliamo che le persone, soprattutto anziane, stiano meglio, è necessario che anche i loro amici non umani stiano meglio.
Monica Zornetta (Avvenire, 28 febbraio 2025)
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