Esercitazioni militari nelle terre Mapuche. Sì del Senato argentino all’ingresso delle truppe Usa
17/09/2017Maldonado, la verità dai telefoni e dai pc dei gendarmi. Dossier svela indagini illegali su famiglia. Governo sempre più sotto assedio
03/10/2017Il governo non dà tregua alle comunità Mapuche impegnate nel recupero delle terre ancestrali nel Sur argentino. Tra lunedì e martedì le forze speciali della Polizia provinciale, nazionale e la Prefettura sono intervenute in gran numero nella provincia di Neuquén e in quella del Chubut, a ridosso della Cordillera, per sgomberare gli ingressi ai territori comprati da imprese straniere e reclamati dai pueblos originarios, fermando inoltre alcune persone.
Il primo fatto è accaduto nel Dipartimento del Cushamen, Chubut. All’alba di lunedì diverse centinaia di agenti di differenti forze di polizia e gruppi speciali con due elicotteri e con l’ausilio di droni hanno rastrellato e occupato «per il tempo necessario» il territorio parzialmente recuperato dalla piccola comunità Pu Lof en Resistencia all’interno di uno dei possedimenti della famiglia Benetton per cercare traccie di Santiago Maldonado: in particolare lo zaino contenente l’attrezzatura per i tatuaggi e i suoi tre cellulari. Teatro dell’operativo – ordinato dal giudice federale di Esquel, Guido Sebastian Otranto (pochi giorni più tardi sostituito, nelle indagini, dal giudice federale di Rawson, Guillermo Gustavo Lleral) – è infatti lo stesso luogo dove il giovane Santiago è stato visto vivo per l’ultima volta. A Cushamen, il giorno del blitz, era presente anche il fratello di Santiago, Sergio, al quale Otranto non ha però concesso di entrare. «Questa iniziativa», organizzata a quasi due mesi dalla scomparsa di Santiago «è un abuso ai danni di tutti noi», ha commentato a caldo Maldonado, arrivando a definire il magistrato nato 45 anni fa a Buenos Aires «un demente»: «È una pagliacciata messa in piedi per i media: stanno cercando qualcosa dove non c’è niente… Dovrebbero invece cercare all’interno della Gendarmeria». 1
La decisione del giudice di lasciar fuori la famiglia ha naturalmente sollevato l’indignazione di molti e rinfocolato i dubbi circa la reale natura dell’operazione. Non sono state poche le voci che, rammentando le decine di piste false succedutesi durante le indagini, hanno definito il megaoperativo di lunedì solo un modo per creare nuove ingannevoli prove ai danni della comunità Mapuche e non, invece, per cercare la verità su Santiago. Sergio Maldonado lo ha ribadito chiaramente ai media argentini: «Il timore mio è che si inventino qualsiasi cosa. Oggi si sono presentati vari testimoni della comunità, ma il giudice invece di raccogliere le loro dichiarazioni è uscito a cercare Santiago dove non lo si deve cercare».
Sergio Maldonado, la sua famiglia e la comunità Mapuche sono convinti infatti che il ragazzo sia stato portato via dalla Gendarmeria dopo un suo tentativo di fuga attraverso il rio Chubut seguìto alla repressione della protesta sopra la Ruta 40, come ha riferito un peñi, un compañero Mapuche 2. Per questo ha promosso per domenica 1 ottobre alle 15, a due mesi esatti dalla scomparsa del fratello, una grande marcia a Plaza de Mayo. https://soundcloud.com/user-229985507/sergio-maldonado
L’operazione di lunedì non ha dato alcun risultato ma ha portato al fermo di una componente della comunità, Elisabeth Loncopan, liberata dopo poche ore al commissariato femminile di Esquel.
Dal canto suo Guido Otranto, in una discussa intervista rilasciata pochi giorni fa al quotidiano “La Naciòn”, ha affermato di nutrire molti dubbi su una desapariciòn forzada di Santiago, e di non ritenere credibili le prove fornite dai Mapuche. «L’ipotesi che Maldonado sia affogato mi sembra invece la più ragionevole, viste le caratteristiche del corso d’acqua 3 […] Non vedo elementi che mi permettano di sostenere che possa essere stato ferito da uno sparo a corta distanza o da una pietra, da uno o più gendarmi, né che possa essere stato catturato dalla Gendarmeria».4
Quanto ai Mapuche, nella stessa controversa intervista il giudice ha parlato della pericolosità del gruppo Resistencia ancestral Mapuche (Ram), che agisce «con azioni intimidatorie che in Patagonia si stanno facendo sempre più numerose e, allo stesso tempo, «estremamente ardue da investigare per la Giustizia […] Il gruppo va al di là della figura di Facundo Huala Jones», ha detto, riferendosi al lonko 31enne, in carcere ad Esquel dallo scorso 27 giugno e in attesa di una sentenza del giudice per l’estradizione in Cile. «È più esteso della comunità indigena insediata a Leleque (la principale estancia dei Benetton, nda)». Con il rastrellamento di lunedì Otranto avrebbe smentito quanto dichiarato solo una settimana prima al quotidiano “Clarin”, tra i principali artefici della scalata di Mauricio Macri alla Casa Rosada : secondo il giornalista Claudio Andrade, infatti, il magistrato avrebbe detto di non volere l’ingresso massiccio di personale della Polizia a Cushamen – come invece ha caldeggiato il governo – così da rispettare i loro orientamenti culturali ed evitare che possano innescarsi violenze di vario tipo. Il secondo pesante intervento contro le comunità originarie si è verificato martedì notte a est del Rio Negro, nella zona di Vaca Muerta, nella provincia di Neuquèn. Lo hanno denunciato le autorità della Confederacion Mapuche de Neuqèn, secondo le quale più di 60 agenti della Polizia provinciale hanno fatto irruzione a bordo di una camionetta arrestando tre persone. .
«L’aspetto più grave è che hanno collocato false prove per sporcare la nostra giusta causa, tacciandola di maputerrorismo», hanno scritto in un comunicato, «insieme alla Polizia sono apparse infatti armi e droga». Per la Confederacion il governatore del Neuquèn, Omar Gutiérrez, «intende risolvere con la violenza un conflitto che è assolutamente politico territoriale» e accusano le autorità provinciali e nazionali di portare avanti una «nuova Conquista del desierto che vuole ripulire questa terra dai Mapuche […] Viviamo ormai assediati da Polizia e Gendarmeria». Il nuovo ordine di sgombero è partito dal procuratore Marcelo Silva all’interno di una causa di “usurpazione” poiché la comunità si è insediata in un’area, denominata Loma de la Lata, dove opera un grande giacimento di petrolio e idrocarburi non convenzionali che, a detta dello Stato (possessore delle risorse naturali come gas e petrolio, in base alla legge 26.741/12 ), dovrebbe rimediare al grande deficit energetico che affligge l’Argentina. Le comunità del territorio, appellandosi alla storia e al ruolo che tale luogo ha avuto nella Conquista del desierto, denunciano la continua sottrazione del suolo che, peraltro, rende sempre più difficoltoso il pascolo degli animali, «grazie ai quali possiamo sostenere le nostre famiglie […] La nostra situazione è la medesima per molte famiglie campesinas e Mapuche che giorno dopo giorno vengono messe sempre più in un angolo dall’espansione delle compagnie petrolifere. […] Le multinazionali ci lasciano solo inquinamento, malattie e povertà, mentre le ricchezze le portano fuori dal Paese». Intanto la zona di Loma de la Lata, dove sono in funzione circa 300 pozzi, è ferma. Dall’inizio dell’anno il giacimento controllato dallo Stato è in lotta contro i Mapuche, riusciti a bloccare la perforazione di 14 pozzi. «Immaginate di trovarvi dalla notte al giorno con 10 torri di perforazione nel cortile di casa e di vedere come lanciano acqua contaminata da qualsiasi parte… e vedere che rompono tutto e nessuno fa niente”, ha raccontato alla Reuters il lìder del Lof Kaxipayiñ, Gabriel Cherqui. Un’accusa, quella di inquinamento, che la compagnia YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales), ha rispedito al mittente, ammettendo però che problemi del genere si sono verificati prima del 1991, prima, cioè, della privatizzazione voluta da Carlos Menem. «La Lof Mapuche», ha aggiunto, «persegue interessi che nulla hanno a che fare con l’ambiente». Le comunità originarie argentine, intanto, ma anche buona parte della società civile argentina attendono con ansia l’approvazione da parte del Senato della proroga della legge 26/160, denominata “della terra indigena” e approvata nel 2006, che riconosce il diritto delle comunità sulle terre e ne impedisce lo sgombero. La legge scade il prossimo 23 novembre e la sua proroga è più che mai necessaria, soprattutto in un contesto come questo, fatto di continue e gravi persecuzioni, repressioni, processi, detenzioni, sottrazioni di terreni e risorse naturali (da parte dei winka, degli stranieri, come Benetton, Lewis e le società petrolifere e minerarie per i quali il governo lavora) a cui si somma la scomparsa del povero Santiago Maldonado.
1 Solo pochi giorni fa, rivelano i media argentini, quattro degli agenti della Gendarmeria presenti il 1 agosto a Cushamen si sono presentati davanti a Otranto per raccontare la loro versione; uno di loro ha ammesso di aver colpito con una pietra uno componente di Pu Lof mentre un altro ha svelato di aver sparato con un fucile antisommossa contro una persona, probabilmente nei pressi del rio Chubut, colpendolo al torace. Un terzo agente ha ricordato di aver visto i manifestanti cercare riparo verso il corso d’acqua.
2 Di diverso avviso è il deputato Rodolfo Tailhade del Frente para la Victoria, secondo il quale la presunta desapaciòn forzada di Santiago coinvolgerebbe anche Luciano Benetton, considerato che – ha spiegato in una intervista – la Ruta 40, dove lo scorso agosto si è svolto il violento blitz della Gendarmeria, attraversa la estancia Leleque e che il furgone al cui interno presumibilmente stava il giovane, si sarebbe diretta verso sud, in direzione della estancia, anziché a nord. «Mi sono arrivati dei rumors che dovranno essere investigati… ¿Santiago podría estar en la estancia Leleque de Benetton?», si è chiesto parlando con il giornalista Rolando Graña.
3 Affermazioni smentite dalla compagna del lonko Facundo Huala Jones, Andrea Millananco: «Mi sembra una sciocchezza quel che dice e anche il modo in cui sta portando avanti le indagini. E’ la terza retata nella comunità Pu Lof en Resistencia. Questo rastrellamento non ha portato alcun risultato positivo […] Quanto al fiume, la sua profondità non è molta e una parte non è correntosa. Santiago non è caduto nel fiume, se lo portò via la Gendarmeria. Se fosse andata come dice il giudice, il fiume avrebbe fatto ritrovare il suo corpo»
4 Per questa intervista il giudice è stato ricusato dal Centro de Estudios Legales y Sociales di Buenos Aires