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Una cura assoluta della materia prima, la frutta, coltivata senza pesticidi e raccolta a mano una volta matura; una metodologia di produzione che da 20 anni si rifà alla cultura artigianale mitteleuropea, dove la fermentazione e la doppia distillazione avvengono a bagnomaria, cioè a basse temperature, con maturazione in fusti d’acciaio. Una distribuzione, infine, che non tocca il mass retail channel ma solo un numero contenuto di clienti, anche se sparsi nel mondo. Sono le caratteristiche di una fra le più originali realtà distillatrici italiane: la Capovilla di Rosà, nel Vicentino, una azienda agricola nata una trentina di anni fa con un capitale di 300 milioni di lire e due soli dipendenti e divenuta un punto di riferimento per gli amanti dei distillati puri di frutta bio, dell’autentica grappa di Bassano e del rhum agricolo, la specialità delle Antille francesi ottenuta dal puro succo di canna da zucchero fermentato. Oggi che i dipendenti sono arrivati a quota dieci (comprese le due figlie e i nipoti) e la produzione tocca le 50 mila bottiglie l’anno, Capovilla distillati registra un fatturato in crescita costante: e ciò a dispetto della crisi economica e delle numerose misure adottate in Europa per limitare l’abuso dell’alcol.

Patron di questa azienda ospitata nella bellissima villa settecentesca dei nobili veneziani Dolfin, è il sessantanovenne Vittorio Capovilla detto “Gianni”, un ex venditore di macchinari per l’enologia divenuto distillatore grazie agli insegnamenti e ai consigli impartiti da alcuni amici vignaioli-distillatori tedeschi e austriaci ma anche alla sua passione e all’ambizione di creare distillati puri di frutta, senza l’aggiunta di aromi, zuccheri, coloranti o altro. Non, dunque, le montagne di anonime vinacce che le distillerie normalmente utilizzano, ma frutti di ogni varietà, comprese quelle più rare e preziose (dai lamponi selvatici alle pesche saturno, dalle amarene alle marasche, dalle albicocche pellecchielle alle pere e alle mele fino alle susine, alle bacche di sambuco, alle nespole, ai ribes e alle prugnole), che Capovilla e i suoi aiutanti raccolgono nei quattro ettari di terreno biodinamici di proprietà dell’azienda. Tutto quello che non cresce lì lo raccolgono altrove, per esempio dagli amici contadini in Romania, in Sud Tirolo, in Toscana. Insieme alla frutta “Gianni”, che da diversi anni  progetta da solo gli alambicchi che utilizza, ha di recente voluto distillare anche la birra, la grappa e il tabacco Kentucky, che è poi quello che si utilizza per l’antico Toscano. Anch’egli distilla vinacce, ma solo quelle derivanti da vini pregiati, come l’Amarone o il Barolo. Nato dieci anni fa da una scommessa (vinta alla grande) è inoltre il rhum agricolo, o rhum “francese”, che Capovilla produce e imbottiglie proprio dove questa particolare acquavite è nata: l’isola di Marie Galante, nelle Antille Francesi.

“Di recente abbiamo allacciato contatti con università e scuole di enologia italiane e talvolta capita che io offra la mia consulenza in giro per il mondo”, aggiunge “Gianni”: “E’ una attività che faccio sempre con piacere perché ho un obiettivo da perseguire: diffondere il più possibile, e ovunque, una distillazione di alta qualità”.

Monica Zornetta (Avvenire, 21 giugno 2016)