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Chi l’ha detto che il jeans non può essere un capo insieme fashion e amico dell’ambiente? Sicuramente non la Ecogeco, un’azienda d’abbigliamento di Verona che dal 2010 produce jeans a cinque tasche 100% naturali, etici e a filiera controllata, stylosi tanto quelli delle griffe più note. Sono jeans “ecofriendly”, realizzati seguendo i principi della filiera corta, se non cortissima, senza l’uso della chimica ma solo con cotone bio certificato Gots (Global Organic Textile Standard) e foglie di indaco naturale. “L’idea ci è venuta sei anni fa quando, dal nostro – se così posso dire – trentennale osservatorio privilegiato di agenti di tessuti per l’abbigliamento, abbiamo assistito all’ennesima trasformazione/distruzione del comparto tessile, con la chiusura di imprese e di laboratori, con le delocalizzazioni e la perdita di competenze e di saperi”, racconta Claudia Lubrano, titolare di Ecogeco insieme con il marito Giampaolo Bianchi, e tra le 10 imprenditrici protagoniste, nel 2013, di “Italiax10. L’impresa delle donne”.

“Cosa possiamo fare, ci siamo chiesti, per contribuire al cambiamento di un sistema dove il profitto è più importante di Madre Terra? Ci siamo focalizzati sul jeans, un capo da sempre simbolo riconosciuto di libertà, di emancipazione, di un certo modo ribelle di vivere la vita, ma la cui produzione è altamente inquinante, sfrutta il lavoro di minori e di donne nel sud del mondo e richiede massicce quantità d’acqua: 1100 litri per un solo paio”. Claudia e Giampaolo, cofondatori anche di un Gruppo di acquisto solidale veronese, decidono allora di investire poco più di 10 mila euro nel progetto di un jeans diverso, “pulito”: così nuovo che nel 2012 ha pure ricevuto il Premio Città Impresa.

“Dal principio ci siamo rivolti a un’azienda di Bovolenta (Pd), poiché già produceva denim naturale tinto con l’indaco, ma quando ha smesso di realizzarlo abbiamo dovuto rivolgerci altrove: siamo finiti così in India, Paese dove è più facile reperire fiocchi di cotone biologico certificato e indaco. Oggi abbiamo un fornitore indiano, Raymond Group, ma l’intera filiera di produzione, lavaggio con acqua e sassi compreso, è rimasta italiana”.

Fino a poco tempo fa, considerato il numero non altissimo di capi prodotti ogni anno (2mila circa), i loro jeans si potevano acquistare solo attraverso la rete di acquisto solidale. Oggi si trovano nei negozi di abbigliamento naturale e alle fiere del bio-sostenibile, a prezzi contenuti ma non “stracciati”. Un motivo, per questo, c’è: “Garantiamo a tutte le persone che lavorano il giusto compenso: non facciamo come certi imprenditori che all’estero acquistano i jeans per 5 dollari e li rivendono in Italia a 50”, conclude Lubrano. “Vogliamo arrivare a produrre in un anno tra i 5mila e gli 8mila capi e puntiamo, con il nostro lavoro, a contribuire a far ripartire l’economia locale ricreando una nuova, più equa, ridistribuzione della ricchezza”.

Monica Zornetta (Avvenire, 28 ottobre 2016)