I Mapuche di nuovo assolti. Un mese dopo il verdetto che ha fatto cadere le accuse mosse dai Benetton, un’altra sentenza riconosce i loro diritti ancestrali

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Il sostantivo impunità aleggia da secoli nelle immense distese patagoniche e neppure il vento impetuoso che soffia dal Pacifico riesce a spazzarlo via. Impunità per chi saccheggia, violenta e sfrutta le terre ancestrali[1]: siano essi governi, multinazionali o ricchissime famiglie di latifondisti, argentini e stranieri. Impunità per chi uccide quanti difendono questi territori e si battono per tutelare i diritti dei nativi, regolarmente criminalizzati: succede in Argentina e in Cile[2], in Colombia,  in Brasile – dove il presidente Jair Bolsonaro mesi fa ha firmato un provvedimento che strappa le terre ancestrali agli indios per consegnarle al ministero dell’Agricoltura[3] – in Perù e in altri Paesi del Centro e Sud America. Eppure, una volta tanto, è la giustizia umana a mettere da parte la silenziosa impunità che protegge i “giganti”, perché ricchi e potenti, e far risuonare in un’aula di giustizia le grida di entusiasmo e di commozione dei “piccoli” Mapuche argentini[4]. E’ accaduto a Neuquen, la popolosa capitale dell’omonima provincia patagonica dove pochi giorni fa il giudice Gustavo Ravizzoli ha assolto sei membri della comunità di Campo Maripe[5] dall’accusa, sostenuta nel 2014 dal magistrato Marcelo Silva, di aver usurpato terre ancestrali che la famiglia di imprenditori creoli Vela rivendicava come propria fin dagli anni Venti ma che, invece, aveva acquistato negli anni Settanta grazie evidentemente ai buoni servigi resi alla dittatura civico-militare.

Ph. www.lavaca.org

Al termine della lettura gli accusati, in lacrime di gioia, hanno gridato «mariciweu, mariciweu», che in lingua mapudungun significa “cento volte vinceremo”, riferendosi ai cento anni di diritti territoriali non riconosciuti alla famiglia che ha dato vita all’insediamento, i Campo Maripe. Incredula per l’esito del processo anche la dinastia Vela che con Lmneuquen.com ha parlato di «conflitto inventato: durante i 42 anni non abbiamo avuto alcun reclamo da parte della famiglia», e accusato il giudice di «aver calciato la palla al lato» e, inoltre, di non essersi «fatto carico di sbagliare con le prove presentate».

Le terre “contese” si trovano a pochi chilometri dalla località Añelo, nel cuore del grande giacimento di idrocarburi non convenzionali Vaca Muerta[6], dal 2013[7] considerato un simbolo di progresso dalla propaganda dello Stato nazionale argentino e da quella del governo provinciale[8] ma fortemente osteggiato, ovviamente, dai Mapuche. La sentenza, da loro definita “storica”, è arrivata ad appena un mese dall’assoluzione di cinque[9] componenti della comunità Mapuche Pu Lof en Resistencia di Cushamen, nel Chubut – la stessa dove era scomparso e poi ritrovato cadavere il giovane tatuatore Santiago Maldonado, nel 2017 – accusati di occupazione di proprietà e abigeato. Il giudice della Camera Penale di Esquel, Carina Paola Estefanìa, ha assolto i cinque, a suo tempo querelati dalla Compania de Tierras Sur Argentino Sa dal 1991 di proprietà dei trevigiani Benetton, poiché i fatti[10] non costituiscono reato. L’assoluzione per i sei componenti della comunità è arrivata – ha spiegato Ravizzoli nella sentenza – a seguito di una considerazione: non ci può essere usurpazione di un territorio abitato ancestralmente, così come varie leggi nazionali, compresa la Costituzione Argentina, e trattati internazionali riconoscono, e, dunque, non vi può essere crimine. Come ha scritto il quotidiano argentino Izquierda Diario, “la sentenza è un duro colpo alle politiche depredatrici e criminali dello Stato Nazionale e di quello provinciale del Chubut, da sempre al servizio dei grandi latifondisti della Patagonia a cui offrono forze repressive, leggi e tribunali”. Anche questo verdetto ha rappresentato un piccolo ma fondamentale passo in avanti lungo la tortuosa strada della giustizia e del riconoscimento dei diritti del popolo Mapuche (e della comunità di Cushamen in particolare): il giudice Estefanìa ha infatti deciso di considerare il conflitto in corso con i Benetton come un conflitto di tipo politico, non solamente giudiziario, alla cui soluzione è possibile arrivare solo attraverso un confronto diretto tra le parti:  per questo ha previsto di creare una mesa de dialogo, cioè un “tavolo di dialogo” intorno al quale si dovranno sedere i componenti della Pu Lof en Resistencia, i rappresentanti della Compania de Tierras, le organizzazioni per i diritti umani e altri soggetti a vario titolo coinvolti. Il giudice di Esquel ha inoltre ordinato l’apertura di  fascicoli e l’avvio di indagini con l’obiettivo di fare luce sulle misure giudiziarie utilizzate in questi anni per processare e criminalizzare (nonché reprimere) i Mapuche.

[1]Nucleo della cultura, della spiritualità, dell’assetto politico-economico e sociale del popolo Mapuche

[2]Pochi giorni fa i Mapuche argentini e cileni hanno denunciato i rispettivi Paesi davanti alla Corte Penale Internazionale per gli abusi e le violenze subite da parte delle polizie dei due Stati, chiedendo che le prove dei massacri – avvenuti fin dall’alba delle due Repubbliche – siano riconosciute come genocidio. Nella denuncia il pueblo originario ha evidenziato, attraverso documenti circostanziati, l’esistenza di casi di furti di neonati, di adozioni illegali da parte di famiglie straniere, di sparizioni, sequestri di persone, torture

[3]E, di conseguenza, alle multinazionali (interessate a costruirci miniere) e alle lobby dei grandi proprietarios de terras locali

[4]Vittime, come i fratelli cileni, i Tehuelche, i Ranquel e altri popoli nativi dell’America meridionale di un sanguinoso e taciuto genocidio avvenuto nell’Ottocento durante la campagna militare conosciuta come Conquista del desierto

[5] Dal nome della famiglia Mapuche che nel secolo scorso si è stabilita su quella terra. Per saperne di più: http://www.elpaso.com.ar/comunidades/campomaripe/index.html

[6]Su cui stanno lavorando le compagnie Chevron e Ypf. L’estrazione degli idrocarburi non convenzionali avviene principalmente attraverso il fracking

[7]L’accordo è stato stipulato nel 2013 tra il governo di Cristina Kirchner e la company californiana Chevron

[8] Lo sfruttamento delle terre che avviene senza il consenso dei nativi vìola quanto stabilito dall’accordo 169 dell’Oit, che in Argentina è di ordine costituzionale

[9]  Facundo e Fernando Jones Huala, Andrea Millananco, Matìas Santana, Sergio Ruiz

[10]Avvenuti tra il marzo 2015 (con l’inizio del “Processo di recupero territoriale” nella estancia Leleque di proprietà della Compania de Tierras Sud Argentino SA) e il giugno 2016