I ponti di padre Dall’Oglio. La sua bella gioventù tra fede, impegno e politica

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Paolo è un ragazzo nato a Roma nel 1954, due settimane e un giorno dopo l’inizio della guerra d’indipendenza algerina. È il quarto degli otto figli di Donatella e Cesare, un avvocato cattolico democratico e dirigente nazionale della Coldiretti che in gioventù aveva partecipato alla Resistenza lungo la Linea Gustav. La sua è quel che si dice una famiglia borghese illuminata di Roma Nord; una famiglia numerosa, unita dall’impegno politico e civile, dal dialogo e attenzione per chi soffre.

Da bambino è un avventuroso scout del gruppo Roma V ma una manciata di anni dopo, ormai adolescente, matura posizioni politiche orientate a sinistra e diventa un contestatore, proprio come la gran parte dei giovani del suo tempo. In famiglia lo chiamano “il cittadino che protesta”; per gli amici è “Orango” perché, a dispetto della corporatura robusta, è agilissimo, persino imbattibile, nell’arrampicarsi sugli alberi e sulle fontane.

Paolo odia i fascismi, le ingiustizie, i patimenti dei popoli senza libertà; da studente e militante delle comunità di base del Movimento dei Cristiani per il Socialismo non è raro vederlo nelle piazze a manifestare contro i regimi militari in America Latina o l’imperialismo americano in Vietnam.

È un sognatore inquieto e curioso che cerca di dare un senso alla propria vita, un cristiano che sceglie la via della democrazia per realizzare l’ideale socialista, un pensatore che condivide le lotte operaie e che ha nel missionario e sinologo Matteo Ricci un modello.

D’altro canto, coraggio e coerenza non gli mancano: una volta, nei primissimi anni Settanta, viene persino arrestato – e prosciolto – per aver partecipato a un sit-in di protesta davanti all’ambasciata degli Stati Uniti contro il colpo di Stato militare in Cile.

Un giovane Paolo Dall’Oglio con alcuni altrettanto giovani volontari durante i lavori di ricostruzione di Deir Mar Musa (foto fornita da Fabio Segatori)

Vorrebbe essere la voce (e la sua è tonante, appassionata) di chi non ha voce perché il dialogo, per Paolo, è l’arma più potente di tutte. Il suo spirito critico lo porta ad ascoltare sempre le istanze dell’altro, ad aprire il cuore alle differenze: anche quando si tratta della questione arabo-israeliana.

Non nega la tragedia vissuto dalla comunità ebraica, non mette in dubbio la fondatezza del suo ritorno in Israele: tuttavia, appoggia la lotta di resistenza dei palestinesi, di quel popolo a cui da secoli vengono sottratte la terra e la libertà. Si sente fratello degli arabi cristiani e dei musulmani, che, spogliati di tutto, considera vittime dell’ingiustizia.

Nell’estate dell’ultimo anno di liceo, Paolo decide di fare l’operaio nei cantieri navali di Fiumicino e poi va a vivere per un periodo alla Magliana, insieme ai più poveri. A vent’anni, durante un viaggio dal Tevere al Giordano attraverso i Paesi comunisti, si innamora perdutamente del mondo arabo e al termine di un pellegrinaggio in Terra Santa diventa novizio gesuita. Dopo poco si sente chiamato a servire l’incontro tra Islam e cristianità.

Nel 1977, conseguita la laurea all’Orientale di Napoli e il Dottorato in Dialogo con l’Islam alla Gregoriana di Roma, viene inviato a Beirut, in Libano, a perfezionare l’arabo. L’università gesuita, laggiù, è sotto le bombe.

Ma una sera d’agosto del 1982, mentre si appresta a lasciare Damasco per rientrare a Roma, avverte la necessità di ritirarsi per qualche giorno in meditazione in un luogo appartato. È in quel momento che sulle sgualcite pagine di una vecchia guida della Siria scopre l’esistenza di un luogo inaspettato, arroccato sulle montagne nel deserto siriano. Un luogo dal soffitto di stelle che cambierà per sempre la sua vita. La vita di Paolo Dall’Oglio.

È un’avventura vissuta da una sponda all’altra del Mediterraneo con il desiderio – e il bisogno – di diventare fratello di tutti, quella che il regista Fabio Segatori ha voluto raccontare nel suo Padre dall’Oglio, un documentario di 52 minuti presentato di recente a Roma per i settant’anni di “Abuna Paolo”, come lo chiamavano i siriani, da poco disponibile in streaming su Rai Play. https://www.raiplay.it/programmi/padredalloglio?wt_mc=2.www.cpy.raiplay_prg_PadreDallOglio.

Prodotto dalla Baby Films di Segatori e Paola Columba in collaborazione con il Ministero della Cultura e Rai Documentari, Padre Dall’Oglio non è un’indagine sulla sua scomparsa avvenuta il 29 luglio 2013 a Raqqa, né vuole essere un’agiografia: è, invece, il racconto di una figura complessa, tra le più carismatiche e dibattute tra i cristiani in Siria, un uomo di  fede e di impegno civile e politico che ad un certo punto, di fronte all’aggravarsi delle violenze del regime di Bashar Al-Assad sui civili e gli oppositori disarmati, ha sostenuto apertamente il diritto del popolo a difendersi anche con le armi, ponendosi perciò in contrapposizione con le gerarchie ecclesiastiche di Damasco (e venendo, anche per questa ragione, espulso).

È un racconto corale che mette insieme le parole e le immagini di repertorio dello stesso Paolo – emoziona sentirlo rievocare ciò che provò la prima volta che vide i ruderi dell’antico monastero cattolico-siriaco di Deir Mar Musa al-Habashi, il luogo sacro dedicato a San Mosè l’Abissino che egli avrebbe ben presto ricostruito, pietra su pietra, insieme a un gruppo di giovani volontari italiani e ad operai locali – e le testimonianze, spesso toccanti, di chi lo ha conosciuto. Famigliari, amici, giornalisti, religiosi e teologi cristiani e musulmani e, con loro, i primi confratelli e le prime consorelle della comunità monastica fondata in quella terra araba che gli era entrata nel cuore e per la quale era pronto a dare la vita.

«Padre Dall’Oglio è il frutto di un lavoro cominciato nel 2016 e durato un paio d’anni», spiega a Domani il regista del documentario, Fabio Segatori «ma è anche l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata a tre eroi italiani poco, o non abbastanza, conosciuti: Gerardo Guerrieri, Emilio Lussu e, appunto, Padre Paolo. Figure gigantesche che per i giovani possono diventare modelli alternativi a quelli proposti dalla società. Paolo Dall’Oglio è una figura lontanissima dallo stile di vita che va per la maggiore: non ha un “piano B”, non rispetta appartenenze e giochi di posizione perché è un uomo libero che sta sempre dalla parte della giustizia e della pace. Il mio», continua Segatori, «non è un film sul suo rapimento: in troppi, fino a oggi, hanno parlato solo di questo, a volte usando addirittura toni voyeuristici. È, invece, la storia di un ragazzo che ha deciso di vivere per costruire ponti anziché muri. Credo che in un momento come questo in cui le guerre si moltiplicano nel mondo e il futuro ci appare cupo, l’esempio di Paolo possa diventare una luce».

Monica Zornetta (Domani, 6 febbraio 2025)

Il link: https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/padre-dall-oglio-documentario-raiplay-ponti-costruiti-bella-gioventu-eroe-italiano-ekxlswqm

Il pdf: padf-pagina-padre-dalloglio-Domani_06_Febbraio_2025-15.pdf