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22/05/2016Che l’Italia torni ad essere un Paese capace di cambiare il mondo è un imperativo che Immanuel Kant definirebbe ipotetico, poiché non realizzabile senza la creazione di competenze sostenibili e senza l’immenso valore rappresentato dall’innovazione. In altre parole, senza i talenti. Ad averlo compreso, investendo ormai da un po’ su di loro, è la Industrio Ventures, un acceleratore dedicato esclusivamente alle start up hardware, industry e technology nato tre anni fa nel polo della Meccatronica di Rovereto – l’hub conosciuto come la “Silicon Valley delle Dolomiti” – ai piedi delle suggestive montagne trentine.
Pensata e avviata con l’assemblaggio di forze, cervelli e portafogli (meno di 200 mila euro il capitale di partenza) di quattro giovani imprenditori di Trento, oggi questa ex start up divenuta business incubator ha un portfolio di nove aziende di prodotto, raccoglie oltre venti investitori italiani, conta su un network di trenta partner locali e nazionali provenienti dal mondo accademico e da quello industriale e, non ultimo, punta ai mercati internazionali.
Di recente, inoltre, il 7,5% del suo capitale sociale è stato acquisito dall’Istituto Atesino di Sviluppo Spa, la finanziaria cioè della Curia trentina, che nell’hardware startup accelerator di Rovereto ha riconosciuto il soggetto ideale con cui sviluppare l’ecosistema industriale trentino e far crescere nuovi imprenditori (non solo del luogo) e nuove eccellenze. D’altro canto sono gli stessi talenti che Industrio sta finanziando e lanciando sul mercato a dimostrare che lo spirito imprenditoriale e la voglia di innovazione sono, nel nostro Paese, più vivi che mai.
“Fin dall’inizio l’Istituto Atesino di Sviluppo è stato uno dei nostri principali e più attenti interlocutori”, riconosce Jari Ognibene, ceo e company builder di Industrio: “Ci ha appoggiato quando era il momento di strutturare le prime fasi della nostra proposta di valore e oggi, con la sua partecipazione attiva, ci consente di cominciare un capitolo nuovo”.
Ognibene, trentino e bocconiano doc, crede molto nella forza dei talenti per rilanciare il made in Italy, e sono soprattutto quelli che “vogliono cambiare il mondo” a coinvolgere Industrio. “Li accompagniamo in tutte le fasi: nella definizione e brevettazione dell’idea, nella determinazione del modello di business, nel passaggio dal prototipo ad una prima pre-serie del prodotto finale. Per aiutare i talenti a diventare imprenditori”, sottolinea il managing director, “fino ad ora abbiamo raccolto finanziamenti per circa 1 milione di euro”.
Le start up che l’acceleratore attualmente sostiene occupano i settori della stampa a 3D (Meccatronicore); degli alveari intelligenti (Melixa); delle tecnologie per l’estrazione di sostanze di origine naturale per prevenire le malattie (Mirnagreen); dei medical devices (Nova Labs); dell’imbottigliamento telescopico (Dr Winetech); della prototipazione robotica rapida (Brain); delle e-bikes (Bikee Bike); del bike sharing (Lock & Charge) e delle innovazioni per il mercato automobilistico (Bermat).
“Prima di scegliere questi nove prodotti ne abbiamo valutati 500 e, per ciascuno, ci siamo posti le domande: è in grado di diventare un prodotto di qualità, capace di raccontare anche all’estero una storia italiana? Dopo il nostro aiuto con il primo fatturato, ce la farà l’azienda a trovare da sola nuovi capitali?”.
Per i creatori di Industrio, l’ambizione e la lungimiranza sono carte vincenti. “Noi stessi siamo partiti nel 2013 con un capitale esiguo ma con, in compenso, un grande sogno: costruire in Italia un modello di crescita finanziaria e industriale capace di funzionare bene anche all’estero. I nostri prossimi obiettivi? Sono riassunti in una sola parola: crescita. Vogliamo affermarci sul mercato nazionale come soggetto qualificato, in grado, attraverso talenti e capitale, di costruire valore, e inoltre vogliamo perfezionare sempre più la costruzione di prodotti che sappiano parlare per davvero di Italia nel mondo”.
Monica Zornetta (Avvenire, 30 marzo 2016)