Mafia. Nordest laborioso. Criminalità vecchia e nuova
29/09/2009Mafia e usura in Veneto: Padova e le “vipere” casalesi
06/05/2011Piazzale Roma è come sempre un brulicare di turisti. All’improvviso un’auto si ferma davanti al box dell’associazione veneziana albergatori. Il conducente scende, si toglie la giacca, accende una sigaretta e passeggia tranquillo avanti e indietro. Passano i minuti e l’auto è sempre lì, a impedire la visuale all’impiegata che sta nel “gabbiotto” ma, soprattutto, a impedire che i turisti si rivolgano a lei per chiedere informazioni. Proprio in quel momento ne compaiono due, di turisti; camminano intorno al box, spaesati. Stavano per raggiungere l’ingresso quando la vettura si è parata loro davanti. In pantaloncini corti e zaini girano intorno al punto informativo tentando di individuare un pertugio per parlare con l’addetta. Poi, vista la malparata, se ne vanno, rassegnati.
E’ una delle tante immagini registrate dagli investigatori del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri del Veneto per documentare il sistema criminale messo in atto negli anni, tra Piazzale Roma e il Tronchetto, da una organizzazione di motoscafisti e intromettitori-battitori irregolari, in altre parole quei soggetti, spesso pluripregiudicati, che agganciano i turisti diretti a Piazza San Marco e alle isole e li convogliano verso i mezzi di trasporto abusivi a danno di quelli pubblici. Un sistema odioso attuato anche con metodi mafiosi, ha riconosciuto il giudice del Tribunale di Venezia che ha condannato 17 di loro a complessivi 67 anni di carcere e al pagamento di 238 mila euro di danni, 100 dei quali al Comune di Venezia. Le loro imbarcazioni, degli scafi Granturismo, sono state in un primo tempo sequestrate e successivamente confiscate, come prevede la legge.
Che cosa accadeva, in sostanza, in questa poco folkloristica “porta d’accesso” alla Serenissima (in realtà una miniera d’oro con i suoi 35 milioni di euro sborsati ogni anno dai 3 milioni e 400 mila turisti che da lì accedono a Venezia)?
I due gruppi di motoscafisti fuorilegge – l’uno attivo a Piazzale Roma, l’altro, battezzatosi
“Consorzio Motoscafi Isola Nuova”, all’interno del garage multipiano Interparking al Tronchetto – avevano messo in piedi, negli anni, un sistema di concorrenza violenta nei confronti dell’Actv, l’azienda di trasporti veneziana (quella, per intenderci, che gestisce la navigazione interna con i vaporetti), ma anche delle cooperative e dei consorzi di taxisti autorizzati ad operare nel bacino lagunare nonché di tutti gli operatori del settore, guide comprese.
Botte, minacce, attentati incendiari, danneggiamenti delle imbarcazioni, uso non autorizzato di ormeggi e molto altro ancora. Una concorrenza, la loro, che si avvaleva – così sottolinea la sentenza – “della forza d’intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omertà derivanti dal fatto che (alcuni soggetti) erano strettamente legati al cosiddetto “gruppo dei mestrini”, ramificazione della Banda Maniero”, vale a dire dell’unica organizzazione mafiosa nata e cresciuta al di fuori delle regioni tradizionalmente interessate dal fenomeno.
E, in effetti, più di qualcuno di quelli di Piazzale Roma, capitanati con zelo da Loris Trabujo, 40 anni, insieme al 62enne Gino Costantini e al coetaneo Adriano Rizzi, manteneva saldi contatti con quei “mestrini” che controllavano il capoluogo lagunare per conto di Felice Maniero (il primo a introdurre la tangente, il “butto”, al Tronchetto) e che, negli anni Novanta, si erano resi protagonisti del selvaggio omicidio di tre malviventi del centro storico accusati di voler “fare le scarpe” al boss: i fratelli Massimo e Maurizio Rizzi e l’amico Franco Padovan.
Costantini, in particolare, più di due lustri fa era finito nei guai per usura, riciclaggio e ricettazione continuati commessi per conto e in concorso con esponenti di primo piano dei “mestrini” i quali, a loro volta, erano stati indagati per aver reinvestito i proventi proprio nell’acquisto di barche da destinare al trasporto di persone.
Tra Piazzale Roma e il Tronchetto era “fiorita” dunque una sorta di giungla, di zona franca si potrebbe chiamare, dove a farla da padrone erano la prepotenza, la forza e l’illegalità. E dove di soldi ne giravano davvero tanti se si pensa che nel solo 1996 il fatturato ufficiale si aggirava sui 100 miliardi di lire.
“In quest’area comando io e posso fare quello che voglio”, aveva malamente risposto uno degli abusivi al direttore degli albergatori che lo aveva sollecitato ad allontanarsi dal box informativo (sempre lo stesso, a Piazzale Roma) mentre l’impiegata dava informazioni ai turisti.
Stesse scene un paio di chilometri più in là, all’isola del Tronchetto, dove gli irregolari caricavano ogni giorno nei lancioni centinaia di ignari turisti che pagavano 10 euro ciascuno – contro i 5 del vaporetto – senza ricevuta, per una ventina di minuti di viaggio di sola andata (ma a loro veniva assicurato che era compreso anche il ritorno).
Le corse si svolgevano in maniera davvero surreale: i poveri turisti, una volta agganciati dai pregiudicati al secondo piano dell’Interparking, venivano dirottati verso le imbarcazioni abusive ormeggiate in luoghi vietati e pericolosi, ad esempio nelle banchine del mercato ittico: qui, a colpi di venti alla volta, venivano imbarcati per essere condotti in Piazza San Marco o in qualche vetreria compiacente di Murano attraverso un giro lunghissimo in acque marittime, esterno quindi alla laguna proprio perché i mezzi erano privi delle necessarie autorizzazioni.
Spesso, per riuscire a salire nei motoscafi, i turisti erano costretti ad attraversare a piedi, e spesso di corsa – con tanto di passeggini e trolley al seguito – l’area del mercato ortofrutticolo. E gli sbarchi, poi, avvenivano in luoghi di fortuna, lontani da imbarcaderi, pontili e privi di scalette e appigli di sicurezza.
Nonostante l’utilizzo arbitrario di queste aree, chi osava richiamare gli abusivi alla legalità diventava puntualmente oggetto di rappresaglie, estorsioni e minacce: nottetempo le strutture stesse, i cancelli, le imbarcazioni, le automobili subivano danneggiamenti e frequenti erano i furti di merce. E le denunce? Non sempre venivano presentate, come riferisce ai carabinieri uno dei presidenti del Mercato ortofrutticolo: “Non l’ho sporta perché ho timore per quello che poteva succedermi …sia personalmente che fisicamente, sia per i miei consociati e la stessa struttura ortofrutticola che io rappresento..”
E’ emblematico in questo senso quanto l’amministratore delegato del Venice Tronchetto Interparking, Alessandro De Clerq, ha raccontato nel 2006 agli investigatori: “Nel 2003, successivamente alla denuncia presentata da un mio collaboratore e a seguito di una riunione avanti al Questore, mi veniva riferito dell’attivazione di un servizio di pattugliamento interforze all’interno dell’area del Tronchetto, con la presenza anche di un camper adibito a posto di polizia. A seguito di tali servizi molti degli abusivi operanti venivano sottoposti ad identificazione e controllo da parte delle forze di polizia. Gli stessi, però, dopo i controlli continuavano a svolgere la loro attività di intromettitori abusivi (…)”. Era accaduto anche, e lo ha riferito ancora De Clerq, che dopo una nuova denuncia per occupazione di suolo pubblico presentata dalla Interparking srl, la Questura veneziana, rappresentata dal Vicequestore Eugenio Vomiero, per evidenti ragioni di ordine pubblico sollecitasse la società a trovare “un compromesso per far rientrare nell’area del Tronchetto gli stessi intromettitori, dopo avere allontanato i soggetti più facinorosi, dando loro una veste di legalità, riunendoli in un consorzio per svolgere correttamente le loro mansioni. Ricordo – aveva continuato l’uomo – che a malincuore accettai la proposta e ritirai la querela precedentemente sporta. Ribadisco che la mia adesione a tale iniziativa era dettata dal fatto che mi veniva proposta dal rappresentante di un organo di polizia, e non trovando altre vie di risoluzione del problema”.
La figura dell’intromettitore-battitore è una figura antica che si perde nella notte dei tempi. La sua funzione è di promuovere il commercio di vetri e merletti, prodotti tipici dell’artigianato veneziano. Negli anni Settanta però, in concomitanza con l’arrivo al Tronchetto di soggetti con precedenti penali, comincia a cambiare volto: si mescola all’illegalità e talvolta al crimine. Il tutto sotto gli occhi disattenti (o talvolta compiacenti) delle istituzioni.
Un’usanza che a Venezia non ha fino ad oggi registrato cedimenti e non ha avuto padrini politici di questo o quel colore: gli intromettitori, come rivelano le intercettazioni telefoniche disposte dai carabinieri del Ros, hanno cercato di pescare a destra come a sinistra, sperando di ottenere favori, garanzie e autorizzazioni per la propria “attività imprenditoriale” dalla Lega nord come dalla Margherita o dal gruppo consigliare dell’attuale Senatore del Pd Felice Casson. Il Tronchetto è un serbatoio di voti, assicurano gli investigatori, e dunque vale la pena concedere loro qualcosa, si tratti dell’autorizzazione a transitare con le barche all’interno della laguna o della licenza commerciale. Un voto di scambio, insomma, in perfetto stile mafioso.
Monica Zornetta (Narcomafie, 2009)