La ricerca viaggia nello Spazio. Intervista ad Anilkumar Dave, responsabile dell’Unità Innovazione e Trasferimento Tecnologico dell’ASI

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Sostenere la ricerca scientifica pubblica è oggi più che mai necessario, e lo è soprattutto in Italia, dove la carenza di investimenti e l’eccesso di burocrazia la stanno da tempo penalizzando. La ricerca produce infatti valore aggiunto e, come hanno dimostrato le recenti iniziative di altri Paesi europei, un’iniezione di investimenti a livello scientifico porta ad un miglioramento economico e culturale della società, a un potenziamento delle infrastrutture e del trasferimento tecnologico, a nuove opportunità di progettazione del futuro: ciò è vero specialmente in tempi come questi, dominati dalla pandemia sanitaria e dalla recessione economica. Una soluzione potrebbe arrivare dall’applicazione del Piano Amaldi, con la sua idea di portare gli investimenti per la ricerca pubblica dallo 0,5% all’1,1% entro il 2026, e dalla creazione di nuovi modelli di business, anche in collaborazione con lo Spazio. «E’ provato che un investimento di un euro, o di un dollaro, può generare un ritorno in termini di benefici pari ad almeno 7-8 euro, o dollari e avere un impatto positivo sulla crescita economica e culturale di una società», spiega Anilkumar Dave, responsabile dell’Unità Innovazione e Trasferimento Tecnologico dell’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana. «Investire nelle tecnologie spaziali può avere un ritorno addirittura maggiore perchè non si limita allo Spazio ma interessa ambiti diversi della nostra vita quotidiana».

Ingegner Dave, lei si occupa di Space economy, cioè di innovazione nel settore spaziale per mezzo di un tandem pubblico-privato. In quale modo lo Spazio può aiutare la nostra economia a rilanciarsi?

Proprio trasferendo le proprie competenze e le proprie tecnologie al di fuori dello specifico settore spaziale – penso al commerciale, all’industriale, al settore sociale o a quello della sostenibilità e green economy -: è ciò che in gergo chiamiamo spin out. Lo Spazio si è sempre più affermato come una risorsa fondamentale per molti servizi “terrestri” (dalle telecomunicazioni alla geo-localizzazione), in grado di anticipare i bisogni della nostra società, e la cosiddetta Space economy è ormai intesa come uno dei più efficaci motori di innovazione e di crescita economica. Con la creazione del comitato interministeriale per le politiche spaziali e gli importanti impegni, anche economici, assunti nell’ultima ministeriale ESA, la politica italiana ha dimostrato di averlo capito.

Quali sono, nel dettaglio, le applicazioni dello Spazio nel settore non-space?

Ogni giorno utilizziamo senza saperlo conoscenze e tecnologie legate allo Spazio come, ad esempio, il satellite: nei nostri smartphone, nelle nostre ricerche su Google maps, nelle telecomunicazioni, nei sistemi di osservazioni della terra dei Catasti e nel monitoraggio delle grandi infrastrutture. Lo stesso vale per i materiali o l’elettronica: i sensori utilizzati per rilevare i livelli di ossigeno nell’aria nella stazione internazionale o nelle astronavi di ritorno sulla terra sono oggi usati per le mascherine con cui i sanitari rilevano i fumi inalati; i tessuti progettati per le missioni nella stazione spaziale internazionale diventano tessuti tecnici antibatterici. Di derivazione spaziale sono anche il teflon, a lungo usato come rivestimento delle padelle antiaderenti, e il latte in polvere.

Quale ruolo gioca lo Spazio nella pandemia?

Da uno studio dei colleghi della Nasa risulta che il medicale è il settore che vanta la più alta ricaduta di trasferimento di tecnologie spaziali. Ci sono applicazioni che vanno dai sensori raggi gamma utilizzati nei nuovi macchinari Tac e Pet o per la Tomografia computerizzata ai sensori giroscopi utilizzati per ‘orientare’ le analisi con raggi X; ci sono le stampanti 3D usate nel settore spaziale per produrre propulsori che in ambito sanitario stampano adattatori per piccoli respiratori. Lo Spazio si è mobilitato immediatamente per la pandemia tant’è che lo scorso marzo l’ASI, insieme ad ESA (European Space Agency) e al ministero per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha proposto un bando per trovare soluzioni al Covid derivanti da tecnologie o dati spaziali: avendo ricevuto il maggior numero di risposte, l’Italia si è trovata nella fortunata condizione di dover raddoppiare il budget.

Perché è così importante coinvolgere le imprese?

Perchè lo Spazio non ha un deep dive su tutte le tecnologie: ad esempio, non ci sono, nello Spazio, esperti di AI o Big-Data. Le porto anche l’esempio dell’automotive (supercar), i cui obiettivi sono i medesimi del settore spaziale: ridurre il peso, migliorare le performances, testare nuovi materiali e altro. In questo caso molte delle innovazioni dell‘automotive possono contribuire anche allo Spazio. Tuttavia, nonostante l’industria italiana abbia dalla sua una supply chain che copre tutti i settori, per poter fare ancora più “sistema” ed eccellere nella competizione globale, è fondamentale che cominci a pensare maggiormente in un’ottica di “fertilizzazione incrociata” delle competenze.

Monica Zornetta (Avvenire, 8 novembre 2020)

https://www.avvenire.it/economia/pagine/la-ricerca-viaggia-nello-spazio?fbclid=IwAR1NdgP-zgfh5l2MIHdk9r1IMxqjctcG_zDHhJFilfQ8CkHu39MrI6s1VX4