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15/12/2021Nel mondo ci sono luoghi dove a nessuno verrebbe in mente di occupare le piazze per protestare contro un certificato verde. O di buttare ogni giorno nel secchio il cibo avanzato.
E’ il caso dell’Africa, per esempio, dell’Asia o dell’America Centrale. La povertà, la malnutrizione, lo sfruttamento dei più piccoli, l’assenza di istruzione e di diritti, la crisi climatica non lasciano spazio, in questi posti, a proteste in nome di una presunta forma di libertà individuale violata, allo spreco di cibo e nemmeno, molto spesso, alla possibilità di immaginare un futuro diverso dal presente.
In Africa, in Asia e in centroamerica, dove in milioni ancora muoiono per malattie altrove curabili, per fame, per le guerre, i bambini, anche minori di due anni, sono costretti a lavorare per molte ore al giorno per produrre quei beni che finiscono poi sulle tavole, negli ambulatori, negli uffici e nelle automobili dei ricchi Paesi Occidentali.
«E pensare che in questo mondo ci sarebbe di tutto per tutti”, esordisce Elisa Fangareggi, 41enne ex avvocatessa modenese, madre di tre figlie e co-fondatrice di Time4Life international, la Fondazione che dal 2012 porta aiuti ai bambini che vivono nel lato più sfortunato del mondo: in Siria, Kenya, Benin, Nicaragua, Nepal, ma anche nella profonda Europa come in Romania, dove due bambini su cinque sono a rischio povertà ed esclusione, e, a sorpresa, nel nostro Paese.
«Creiamo una rete di sostegno continuativa con i territori in cui siamo presenti, non solo portando lì, una volta al mese, le donazioni di abiti, scarpe, medicinali, cibi e i beni di prima necessità che riceviamo da tutta Italia, ma anche aiutando la popolazione e le istituzioni ad affrontare le emergenze abitative, educative ed alimentari, sponsorizzando la costruzione di dormitori, com’è successo in Kenya, o di rifugi per gli abitanti rimasti senza niente a causa di terremoti, come abbiamo fatto nel Nepal. Nella cittadina turca di Kilis, a pochi passi dal confine siriano», continua Elisa, «stiamo assistendo le famiglie di profughi e i bambini in fuga, e nello stato del Benin abbiamo lavorato con il sostegno a distanza per togliere centinaia di bambini dalle cave dove spaccano pietre per dieci ore al giorno, abbiamo garantito loro un pasto quotidiano nelle sei scuole del distretto di Dassa e assicurato, tramite i nostri referenti in loco, il controllo sanitario per limitare al massimo i casi di malaria».
Nata “per caso” da un gruppo di amici alla vigilia di un week end londinese, nel giro di pochi anni Time4Life International è passata dallo status di associazione no profit a quello di Fondazione.
«Quella sera a cena, in una pizzeria di Modena, scorgemmo alla televisione le immagini dei bambini siriani nei campi profughi: decidemmo subito di fare qualcosa per loro e, anziché partire per Londra, cominciammo a raccogliere giacconi, cappotti, scarpe e abiti tra colleghi e amici», racconta. «Eravamo degli sprovveduti a quel tempo, non sapevamo bene che cosa avremmo fatto laggiù ma decidemmo di andarci con le nostre otto valigie piene di roba; quando arrivammo nel campo profughi di Bab Al-Salam era dicembre, per noi fu uno choc: quei bambini, migliaia, potevamo essere i nostri figli e ci venivano incontro, disperati, malati, infreddoliti, implorando un pezzo di pane. Quando siamo tornati in Italia abbiamo capito che la nostra vita sarebbe stata dedicata a loro, ai bambini in difficoltà».
Dopo il campo profughi nel confine turco-siriano, dove sono presenti ancora oggi due volte al mese e dove, insieme con un pediatra locale, hanno allestito un ambulatorio medico che vede passare mediamente duecento bambini al giorno, hanno cominciato ad operare tra coloro che vivono e lavorano nelle discariche del Nicaragua, e poi in Nepal, in Romania e nel Benin, dove hanno allestito una sala parto. «A quel punto ci siamo anche trasformati in Fondazione così da garantire una trasparenza ancor maggiore al nostro lavoro e dare maggiori garanzie ai donatori».
Oltre ad Elisa Fangareggi e agli altri soci fondatori, Time4life International può contare sull’impegno di centinaia di volontari in tutta Italia, ciascuno dei quali svolge un compito ben preciso: ci sono coloro che raccolgono gli indumenti e le medicine che verranno poi portati in missione, chi coordina e forma i gruppi di volontari e chi concretamente parte, provvedendo a sostenere tutte le proprie spese. Ci sono poi i referenti locali e chi pulisce gli appartamenti utilizzati per un altro importante progetto, questa volta in Italia. «Con la Fondazione per l’infanzia Ronald mc Donald diamo l’opportunità a bambini autistici, disabili, con malattie rare o patologie oncologiche, di trascorrere una settimana di vacanza gratuita, con le loro famiglie, al mare o in montagna: abbiamo a disposizione due appartamenti in Trentino e due in Liguria. Abbiamo avuto subito il tutto esaurito e siamo molto contenti di questo, poiché le famiglie che hanno figli con queste problematiche vivono la loro quotidianità con un livello altissimo di stress e consumano tutti i loro risparmi nelle terapie mediche».
«Chi parte per una missione torna cambiato: quando vedi un bambino piccolissimo che luccica al buio mentre, in una miniera, estrae la mica con cui si realizzano i glitter per i nostri cosmetici, quando un bambino denutrito ti muore tra le braccia o quando una donna, fingendo di portare con sé il figlioletto ammalato, corre verso l’ambulatorio con l’intenzione di farsi saltare in aria con il tritolo ma viene uccisa proprio davanti ai tuoi occhi e a quelli di migliaia di bambini, non puoi più essere lo stesso. Quando tornano a casa, tutti i volontari ci dicono la stessa cosa: non abbiamo alcun merito per tutto ciò che possediamo, non siamo stati più bravi di loro né più furbi di loro ma solo più fortunati perché siamo nati nella parte “giusta” del mondo», ribadisce.
Dopo un lungo stop dovuto alla pandemia, a novembre Time4Life riprende a marciare. «Si, finalmente ripartiamo; andremo a recuperare i bambini spaccapietre, nel Benin. Si tratta di bambini piccolissimi, a volte di un solo anno di età, che hanno sempre vissuto nelle cave per spaccare le pietre poi utilizzate nel cemento; alle multinazionali costano molto meno del noleggio degli appositi macchinari. Questi piccoli dovranno fare un lungo percorso di riabilitazione fisica e psicologica visto che nella loro breve vita hanno “soltanto” lavorato, e per giunta duramente».
resciuta in una famiglia che le ha insegnato l’importanza di mettersi al servizio degli altri, Elisa dice di aver appreso tutto da chi ha meno di lei: «Dai bambini che ogni giorno lottano per sopravvivere ho imparato a non dare per scontato ciò che mi circonda, ho capito che quello che ho non ce l’ho per un reale merito ma solo perché sono nata in questa parte del mondo; per questa ragione credo sia doveroso fare qualcosa per gli altri, per chi non ha la mia stessa fortuna, sia esso il vicino di casa, i suoi figli o la persona bisognosa che incontro per la strada. Credo che oggi, più che mai, non dobbiamo limitarci a pensare alle nostre esigenze o ai nostri problemi ma dobbiamo imparare a guardare e ad ascoltare l’altro; solo così riusciremo a comprendere una grande verità: che il solo fatto di avere un tetto e un letto ci dovrebbe far sentire le persone più fortunate del mondo».
Per informazioni: https://time4life.it/; https://www.facebook.com/time4lifeinternational/
Monica Zornetta (Avvenire, 1 dicembre 2021)