Strage di Brescia. Marco Affatigato: “Nel memoriale di Buzzi c’erano i nomi dei colpevoli”

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Alle otto del mattino c’è di solito un discreto movimento lungo le mura di Lucca. Ci sono fanatici dello jogging, ciclisti, cani e padroni e varia altra umanità. Ma a sfidare l’umidità settembrina tra i baluardi della cerchia muraria c’è anche il 56enne Marco Affatigato, l’ex “enfant prodige” del Movimento Politico Ordine Nuovo, l’agente dei servizi segreti francesi e americani accusato dal Sismi e dal Sisde per le stragi di Ustica e Bologna (risultando, in entrambi i casi, del tutto estraneo) e più volte sentito anche su Piazza della Loggia. In particolare, a scagionarlo dall’accusa dei Servizi segreti di essere l’autore dell’attentato alla stazione di Bologna era stato da subito l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, da lui conosciuto in Costa Azzurra nella primavera di quell’anno.

L’Affatigato di oggi non ha quasi più nulla del ragazzo magro, corvino e barbuto che negli anni Ottanta, subito dopo l’arresto a Nizza, veniva scortato al Tribunale di Grande Instance tra gli accecanti flash dei fotografi francesi e che poi, concessagli l’estradizione verso l’Italia, veniva preso in consegna da un altrettanto giovane poliziotto di nome Nicola Calipari.

A dispetto dei chili in più, della pronunciata canizie, dei nove anni e mezzo di carcere (per aver tentato di ricostituire il Partito fascista e favorito la fuga di Mario Tuti), dei quindici di latitanza in Europa, Nordafrica e Sudamerica e dei tanti mesi di addestramento alla guerriglia in Libano, con la Falange, e in Nicaragua, con il Frente sandinista de liberacion nacional; ebbene, malgrado tutto questo, non ha perso ciò che in lingua spagnola si chiama ”espiritu revolucionario”.

“Su Brescia posso dire poco”, è il suo esordio, “tranne dell’esistenza di un memoriale scritto da Ermanno Buzzi – per questo massacro condannato all’ergastolo in primo grado – e contenente i nomi degli autori e le modalità con cui avrebbero agito Di questo memoriale, che non ho mai visto, sempre si è detto all’interno della nostra area”. Quel “sempre” puòpartiredalmomentoincui,perlaprimavolta,nehaaccennatol’ordinovistaVincenzoVinciguerra,unicoreoconfessodiunastrageitaliana:Peteano.

“Si dice anche che l’omicidio del Buzzi (avvenuto al carcere di Novara nell’aprile 1981 per mano di Pierluigi Concutelli e di Tuti, ndr) sia legato al recupero del memoriale. Del resto, i tempi e la prassi adottatate per il trasferimento dell’avanguardista bresciano a Novara, ma anche le modalità stesse dell’omicidio, lasciano supporre che ciò sia veritiero”. Nel giugno 1993 l’allora agente segreto Marco Belmondo (uno dei nomi in codice di Affatigato) aveva pure lanciato un appello a Mario Tuti dalle pagine del settimanale “Panorama” affinchè consegnasse il memoriale ai magistrati di Brescia. “Abbiamo un obbligo morale verso noi stessi e verso il movimento rivoluzionario”, aveva dichiarato, “non è tollerabile che le stragi vengano ancora addebitate alla destra rivoluzionaria quando ciò non è vero”.

I nomi contenuti nel memoriale, dunque, potrebbero essere quelli di Carlo Digilio e Marcello Soffiati? “No, non ritengo siano i loro. Certo, uno dei partecipanti alla strage potrebbe essere stato Soffiati: sia chiaro, non possiedo elementi certi per poter affermare questo, ma avendo conosciuto Soffiati, con il quale ho lavorato alla creazione di un Movimento delle forze armate, mi sento di dire che potrebbe aver eseguito degli ordini”.

Affatigato non “cassa” l’ipotesi della nuova pista veronese svelata di recente dal collaboratore Giampaolo Stimamiglio,  ma preferisce soffermarsi su un fatto certo: “L’immotivata scissione di tre processi che, viceversa, avrebbero dovuto comporne uno solo. Mi riferisco all’omicidio di Giancarlo Esposti, al Mar (Movimento di azione rivoluzionaria) di Carlo Fumagalli e, appunto, a Piazza della Loggia. Perchè non si è voluto guardare al Mar? Del procedimento che lo riguarda non si parla più… è sparito. Sono invece convinto che se si fossero riuniti in un unico giudizio, sarebbe stato possibile individuare il perchè dell’assassinio di Esposti nonché i mandanti e i motivi della strage di Brescia. Appurato questo, ha poca importanza sapere chi sono stati gli esecutori materiali”.

Mentre passeggia, l’ex dirigente del Mpon della Tuscia e “antica” fonte dell’allora agenzia francese di controspionaggio Sdece (oggi Dsge) saluta qualche concittadino. Qualche volta si ferma, fa due chiacchere. Poi riprende: “Ritengo che le stragi italiane siano unite da strategie comuni, ripetivive. Poichè Piazza Fontana non ha funzionato, è stato messo in atto il medesimo piano in un’altra struttura. In quel momento storico Brescia era una zona politicamente “calda” su cui si concentravano molte attenzioni (del Mar, per esempio): se è vero che nel posto in cui è esplosa la bomba ci doveva essere un drappello di carabinieri, non è difficile immaginare quale tipo di reazione sarebbe scaturita dalle forze di polizia. Perchè”, prosegue, “tutto parte da un proposito: provochiamo la sollevazione delle forze dell’ordine. Tuttavia,  fare una strage di carabinieri non è come ammazzare un generale o un tenente…”.

L’allora “pupillo” dell’ordinovista Clemente Graziani a un certo punto si ferma e, tutto d’un fiato, dice: “Il presidente della Repubblica ha dichiarato che ci sono stati ostacoli da parte di apparati dello Stato nella ricerca della verità? Francamente mi sembra una presa in giro. Di volta in volta si è attribuita la responsabilità a soggetti diversi; a un certo punto anche ai Servizi segreti deviati. Ma deviati da chi? Da che cosa? Quando era ministro della Repubblica, Gianni De Michelis ha affermato una cosa che spiega perfettamente ciò che è avvenuto:  “Tutti sappiamo come è andata però non lo possiamo dire per una ragione di Stato”. Basta. E’ questa la risposta. Una ragione di Stato. Quindi non c’erano servizi segreti deviati ma servizi regolarmente comandati dal Parlamento e dai ministri aa quel tempo in carica. Non dobbiamo mai dimenticare che ciò che è accaduto in Italia ha dei colpevoli che ancora oggi siedono in Parlamento: qualcuno è morto, qualcuno è vivo, altri moriranno tra poco. Sono gli stessi politici, parlamentari, ministri, che allo scoccare degli anniversari sono andati (e ancora vanno) alle celebrazioni promosse dai famigliari delle vittime promettendo loro di fare di tutto per trovare i colpevoli.

“Il segreto di Stato si toglie allo scoccare dei trent anni? –  e qui Affatigato abbozza un curioso sorriso – Ma quando mai! Si sono succeduti governi di destra, di centro destra, di centro e di sinistra ma nessuno lo ha tolto, questo segreto di Stato. Ecco perchè ogni tanto qualcosa brucia a Forte Boccea a Roma, o perchè qualche volta si trova qualcuno condannato sebbene lo si sappia innocente; o, ancora, ecco spiegato il perchè c’è stato chi si è suicidato con la maniglia della porta di casa o chi si è impiccato ai rami dell’unico albero che stava al di là del guard rail, lungo l’autostrada”.

Monica Zornetta (Corriere della Sera, cronaca di Brescia, 10 ottobre 2012)