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Tre anni fa l’uragano Vaia si abbatté con spaventosa violenza su buona parte dei boschi e delle valli del Nord Italia, provocando danni ingentissimi non solo all’ambiente ma anche all’economia dei territori. Oggi, grazie ad una start up under 30 “basata” a Borgo Valsugana (Trento), quel legno recuperato diventa Vaia Wood, un amplificatore dal design accattivante che perfeziona il suono e aiuta il ripopolamento arboreo delle aree distrutte basandosi sulle rigorose indicazioni date dalla scienza.

Furono oltre due milioni e trecentomila gli ettari di bosco rasi al suolo nell’ottobre 2018 da quel terribile mix di scirocco e piogge fortissime che non lasciò scampo in Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Lombardia (dati: Raf Italia, 2019). Alberi bellissimi ma fragili come gli abeti rossi di risonanza, con il cui legno si costruiscono da secoli pregiati strumenti musicali, sono stati spazzati via dalla furia dell’uragano, capace di modificare in pochissimi giorni il paesaggio – si calcola che il legname abbattuto sia stato pari a quello che viene tagliato nell’arco di 5 o 7 anni – e strappare all’improvviso quella sicurezza che le montagne e i boschi da sempre offrono.

«Quando, subito dopo l’urgano Vaia, Federico Stefani ha visto i luoghi della sua infanzia devastati, il suo primo pensiero è stato: voglio reagire, voglio aiutare la mia terra a rialzarsi e voglio ridare dignità a tutti quegli alberi caduti o spezzati», racconta Giuseppe Addamo, 28 anni, catanese, laureato in Comunicazione pubblica e d’impresa con master alla Bocconi e cofondatore nel 2019 della start up Vaia insieme con lo stesso Stefani, 30 anni, e con il veronese Paolo Milan, 26.

«A quel punto Federico ha ripreso in mano un amplificatore naturale del suono a forma di cubo che suo nonno aveva realizzato anni addietro in legno di acacia e noce e, insieme, lo abbiamo studiato. Abbiamo capito subito che poteva essere il prototipo di qualcosa di nuovo: qualcosa di funzionale e dalla forte iconicità come un piccolo amplificatore passivo del suono, da realizzare con il legno degli alberi caduti e che avrebbe potuto a sua volta aiutare il rimboschimento dei luoghi danneggiati da Vaia». I tre giovani imprenditori avevano inoltre capito che a questo ambizioso progetto dovevano per forza collaborare anche gli artigiani delle comunità montane: «Il primo anno abbiamo bussato a tante porte per proporre l’idea agli artigiani trentini, abbiamo spiegato loro che volevamo piantare un albero per ogni amplificatore venduto, ma nessuno ha creduto davvero in noi. Per fortuna, però, ad un certo punto sulla nostra strada abbiamo incontrato il Maestro artigiano Giorgio Leonardelli, il quale, dopo averci ascoltati ed esaminato il cubo costruito dal nonno di Federico, ci ha detto: “Credo nella vostra idea e voglio lavorare il legno recuperato”».

Forti dell’aiuto di Leonardelli, Stefani, Milan e Addamo si sono quindi messi alla ricerca dei primi fornitori e, cubo dopo cubo, e albero dopo albero, sono arrivati ai giorni nostri. «Siamo partiti nel 2019 con 10 mila euro e già alla fine dell’anno scorso, a dispetto della pandemia, il nostro fatturato è arrivato a toccare il milione di euro. L’accoglienza ricevuta dalla nostra start up è stata incredibile tanto che, lo scorso anno, la rivista statunitense Forbes ci ha inseriti tra i 100 talenti under 30 del 2020».

«Pensi che lo scorso dicembre abbiamo ricevuto un migliaio di ordini quando, normalmente, ci attestiamo sulla trentina o sulla quarantina», continua Addamo, che di Vaia è il responsabile marketing e comunicazione: «Purtroppo, però, siamo riusciti a soddisfarne solo un centinaio perchè il legno, una volta raccolto, deve essere essiccato e ciò richiede del tempo. Il cubo Vaia Wood, infatti, non è un prodotto seriale ma è un oggetto di design, è come un’opera d’arte in abete e larice che racconta la rinascita di un ambiente e di un territorio. Non esiste un pezzo uguale all’altro perché ogni colpo d’ascia che l’artigiano incide crea un taglio che segue le naturali venature del legno».

Lanciato nell’ottobre 2019 con un evento al castello di Pergine Valsugana, durante il quale i tre imprenditori hanno raccontato il progetto e le sue finalità  – in sintesi: aiutare le comunità montane lacerate dall’uragano, ridare lavoro agli artigiani e ai falegnami del territorio, diffondere il made in Italy, ritemprare i boschi e le foreste poiché sono organismi essenziali nella lotta al climate change, recuperare materie prime di grande valore nell’ottica di un’economia di tipo circolare -, l’amplificatore ecosostenibile ha ottenuto in poco tempo risultati tanto importanti quanto inattesi portando Vaia a collaborare con otto Maestri artigiani trentini, ma anche con Etifor, lo spin off ambientale dell’Università di Padova, e con il museo open air Artesella, a Borgo Valsugana. «In questo periodo stiamo contattando diversi enti locali perché abbiamo intenzione di piantumare alberi anche in Friuli Venezia Giulia e in tutto l’arco dolomitico. Il nostro obiettivo è intervenire in tutti i contesti in cui c’è un problema ambientale di questo tipo». E, per farlo, non si fermano al cubo amplificatore: «Creeremo ulteriori oggetti in legno, il prossimo dei quali coinvolgerà un altro dei cinque sensi, ossia la vista. Poichè ci stiamo lavorando, posso dire soltanto che porterà avanti la stessa filiera e lo stesso progetto di piantumazione del Vaia cube e che vedrà luce alla fine del 2021».

Monica Zornetta (Avvenire, 28 agosto 2021)

https://www.avvenire.it/economia/pagine/la-seconda-vita-del-legno-del-vaia

il pdf: AVVENIRE_28082021