Ambiente. Ritorno in terra alta: anche la montagna è in transizione
05/06/2024Che gli animali siano senzienti e non gli aloga (“privi di parola e ragione”) del pensiero greco antico, è un punto fermo della nostra civiltà. Molte ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che gli animali, compresi quelli allevati per essere consumati dall’uomo, sono capaci di provare emozioni e sensazioni; hanno coscienza di sé; sono in grado di afferrare concetti astratti come “identico” e “diverso”; sanno risolvere problemi più o meno complessi; fare di conto e, persino, riconoscere lo zero, alla stregua dei bambini di età prescolare.
Proprio perché tutti gli animali sono esseri senzienti, “nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza” – a riconoscerlo è il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali, sottoscritta nel 1978 dall’Unesco – e non, invece, Res, cioè cose, come li considerava Aristotele e come li considera ancora oggi il nostro codice civile (mentre l’Unione Europea, paradossalmente, arriva a definirli al contempo “esseri senzienti” e “merci”), esistono leggi e convenzioni che tutelano giuridicamente il loro diritto alla salute, al benessere fisico psicologico e a ricevere trattamenti rispettosi e dignitosi.
Sulla promozione del benessere animale, un diritto iscritto nell’articolo 13 del trattato sul funzionamento dell’Unione, la Commissione Europea sta concentrando da qualche anno parte delle proprie strategie, tentando in particolare di armonizzare – cosa niente affatto semplice – il miglioramento degli standard per gli animali da allevamento con le esigenze delle politiche di sviluppo rurale. Nonostante l’Animal welfare sia una componente importante del Green Deal e, nello specifico, di Farm to Fork, i risultati fino ad ora ottenuti non sono, però, soddisfacenti. Basti pensare che a distanza di quattro anni la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen non ha ancora dato una risposta legislativa adeguata alla campagna dei Cittadini Europei “End of the Cage Age” – sottoscritta da un milione e mezzo di persone di 27 Paesi – per eliminare gradualmente le gabbie dagli allevamenti e migliorare la vita di 300 milioni di animali. Accusato di non aver rispettato l’impegno di scadenza del dicembre 2023, l’esecutivo comunitario è stato di recente portato davanti alla Corte di Giustizia Europea dal Comitato dei Cittadini che ha promosso l’iniziativa.
Se per il momento le gabbie restano (purtroppo) chiuse, la Commissione si muove sul fronte del “benessere animale” attraverso un nuovo progetto che sovvenziona per il 48% (360 milioni di euro in sette anni) e che punta, attraverso la cooperazione di istituti di ricerca, ministeri e organizzazioni di finanziamento di 23 Paesi, 19 dei quali europei e 5 associati ad Horizon Europe, a studiare le malattie infettive e a fare passi in avanti nel miglioramento del benessere animale.
Tra i 90 partners di EUP AH&W – European Partnership on Animal Health and Welfare, questo il nome del progetto, figurano anche l’EFSA, l’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare che ha sede a Parma e l’Università degli Studi di Padova che con il suo Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute, farà da trait d’union nelle attività con gli altri dipartimenti del Campus di Agripolis.
Al centro della ricerca ci sono, nello specifico, lo studio e la prevenzione delle malattie infettive di animali terrestri ed acquatici, di quelle trasmissibili tra gli animali e l’uomo – pensiamo all’influenza aviaria -, lo sviluppo di nuove metodologie diagnostiche e il potenziamento del benessere degli animali (dall’allevamento al trasporto al fine vita) anche attraverso l’approccio One Welfare, One Health, allo scopo di creare un equilibrio il più possibile sostenibile tra la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi.
«Aderire al progetto EUP AH&W è in linea con la visione che ispira la ricerca del nostro dipartimento: l’uomo fa un passo indietro verso la natura e un passo avanti verso l’umanità», ha spiegato la responsabile scientifica per l’Università patavina, Marta Brscic, medico veterinario ed esperta di benessere animale. «Mi attendo un cambiamento di coscienza che presti maggior attenzione al ruolo delle specie selvatiche, che valorizzi sistemi di produzione alternativi particolarmente rispettosi del benessere animale e della naturale vocazione degli animali e che crei ponti tra parti sociali diverse».
Monica Zornetta (L’Economia Civile – Avvenire, 18 settembre 2024)