Delitti Santiago e Rafael. Verdù (Correpi): la repressione è una precisa strategia politica
03/12/2017
Argentina e popoli originari: il 2017 anno di brutali repressioni
03/01/2018

Nella giornata mondiale dei diritti umani torna alla ribalta la questione della repressione, in atto ormai da diversi anni in tutto il continente americano, dei difensori della terra, dell’acqua, dell’ambiente, della salute, dei popoli indigeni. Negli ultimi tempi, con la sparizione del giovane artigiano e militante argentino Santiago Maldonado nel corso di una retata della Gendarmeria nazionale, e al ritrovamento del suo cadavere 78 giorni più tardi, anche nel nostro Paese si è cominciato a parlare di quanto sta accadendo nella provincia patagonica del Chubut, dove una comunità Mapuche impegnata nel recupero delle terre ancestrali acquistate nel 1991 dal gruppo italiano Benetton, è da tempo oggetto della violenta repressione da parte dello Stato argentino.

Bandiera nativoamericana durante la marcia Beyond No Dapl a Washington D.C., 8 dicembre 2016. Ph. Rob87438/ Wikimedia Commons

In tempi recenti è arrivata in Italia anche la notizia della battaglia che la Standing Rock Sioux Tribe nel Nord Dakota – la quinta più grande riserva degli Stati Uniti – sta portando avanti contro l’oleodotto Dakota Access Pipeline (Dapl) della Energy Transfer Partners. Si tratta di un impianto di 1.168 miglia che dal North Dakota attraverserà il South Dakota, l’Iowa, l’Illinois (passando sotto il Missouri e in territori considerati sacri dai nativi), il cui via libera è stato dato dal “solito” Donald Trump lo scorso gennaio. Anche in questo caso non sono mancate le violenze e gli abusi contro i popoli nativi, perpetrate dalla Energy Transfer e dalla polizia. Ma sono moltissimi altri i casi di persone e di comunità perseguitate e assassinate per il loro impegno in difesa dell’ambiente. Casi di cui i media nazionali non parlano: vuoi per l’identità dei difensori (indigeni), vuoi per il soverchiante potere degli sfruttatori (multinazionali e governi).

Uno spaccato di ciò che sta succedendo – in particolare in America Latina, dove si registra il più alto numero al mondo di omicidi di difensori dell’ambiente per mano di apparati statali e attraverso la criminalizzazione del “diritto alla difesa dei diritti” (poiché mai come oggi la battaglia in difesa dei diritti umani si lega con quella in difesa di Pacha Mama) – lo disegna la mappa di Amnesty International/Amnistìa Internacional Alza la voz por los y las defensoras contenuta nella piattaforma Speak out 4 defenders.

Scorrendo questa dettagliatissima mappa suddivisa per Paese, oggetto della lotta, tipo, modalità e anno della repressione nonché genere della vittima, si scoprono lotte e abusi sconosciuti ai più come, ad esempio, le terribili condizioni in cui sono costrette a vivere le comunità amazzoniche e andine peruviane Cuninico ed Espinar, intossicate dagli altissimi livelli di metalli tossici nelle preziose acque che bevono e che utilizzano per qualsiasi attività quotidiana: nonostante il governo abbia quest’anno proclamato lo stato d’emergenza per la salute pubblica, nulla è stato ancora fatto, né per proteggere le popolazioni, né per individuare l’origine della contaminazione. http://estadotoxico.pe/pdf/InformeEstadoToxicoAIPeru.pdf.

La mappa di Amnistìa ci mostra anche le battaglie della comunità di Junìn, nella regione subtropicale di Intag, in Ecuador, contro l’attività della grande miniera di Llurimagua a opera della Empresa Nacional Minera del Ecuador (Enami Ep), che andrebbe a minacciare le foreste primarie nonchè le sorgenti d’acqua e per la cui tutela nel 2014 è finito in carcere il presidente della comunità di Junìn, il campesino Darwin Javier Ramirez Piedra, liberato nel 2015. Ci racconta storie di coraggio come quella di Berta Càceres, la luchadora per el medio ambiente, fondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) – il Paese, considerato il più pericoloso al mondo dal rapporto Global Witness https://www.globalwitness.org/en/campaigns/environmental-activists/honduras-deadliest-country-world-environmental-activism/, è in questi giorni alle prese con una profonda crisi politica e con il violento silenziamento di ogni voce di dissenso – uccisa il 3 marzo 2016 a causa del suo impegno per la salvaguardia degli indigeni Lenca e contro la devastazione dell’eco sistema che la costruzione della diga Agua Zarca sul rio Gualcarque (bloccata la scorsa estate) avrebbe causato. Per saperne di più rimando alla mappa: http://speakout4defenders.com

Berta Caceres in un fotogramma del video per il Premio postumo “Champions of Earth 2017” (Onu Medio Ambiente) Ph. Wikimedia Commons