Su Maldonado l’Onu bacchetta il governo e chiede indagini sulla Gendarmeria. Schulman: «Verso uno stato autoritario mascherato da democrazia»

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Nei giorni in cui il leader degli U2, Bono Vox, è entrato alla Casa Rosada per manifestare al presidente Mauricio Macri la propria preoccupazione per la sorte di Santiago Maldonado e ricevendo, dal giovane capo di Gabinetto Marcos Peña, rassicurazioni sulla (presunta) collaborazione in atto tra governo e magistratura1, sullo Stato argentino è arrivata la nuova dura critica dell’Onu per la mancanza di risultati e di azioni tempestive nelle operazioni di ricerca del giovane. In un documento firmato dal commissario per i Diritti umani, Ibrahim Salama, l’Onu si è dichiarato «altamente preoccupato» per il perdurare della vicenda e ha richiesto all’esecutivo di indagare sulla Gendarmeria nonché di punire i responsabili, una volta individuati, «tenendo conto che l’identificazione degli autori della sparizione forzata può rivelarsi fondamentale per individuare la persona scomparsa». Inoltre, ha ribadito al governo la necessità di lasciare fuori la Gendarmeria dallo svolgimento delle indagini, sebbene, come egli nota, gli alti comandi l’abbiano difesa fin da subito cercando perfino di focalizzare l’attenzione investigativa altrove, cioè sulla comunità Mapuche di Cushamen. «I membri della comunità Pu Lof» ha aggiunto il documento Onu, «continuano ad essere stigmatizzati e regolarmente screditati da funzionari dello Stato, i quali li presentano come una “minaccia’ per il Paese, mettendo in questo modo realmente in pericolo la comunità».  Il contenuto di questa lettera va ad alimentare la forte sfiducia popolare che permea il governo di centro destra guidato dall’ex presidente del Boca Junior, come rivelano anche i risultati di un recente sondaggio realizzato dal Centro de estudios de opiniòn pubblica su 2500 elettori della provincia di Buenos Aires proprio sulla vicenda Maldonado. L’indagine ha rivelato che buona parte dei bonaerensi (il 45%) considera il governo di Mauricio Macri responsabile della sparizione dell’artigiano di El Bolsòn mentre il 9,5% accusa di questo delitto la giustizia argentina.

Alla domanda: Chi è, in particolare, il responsabile all’interno del governo nazionale? più della metà degli intervistati – il 57,2% – ha individuato il “colpevole” nel governo in generale, il 22,8% nella Gendarmeria, il 20% in Patricia Bullrich, il contestato ministro della Sicurezza2 che per il 54,8% dovrebbe rassegnare le proprie dimissioni e per il 71,8% dovrebbe impegnarsi per ritrovare il ragazzo scomparso anziché difendere a oltranza, come ha fatto, la Gendarmeria (alla quale ha addirittura permesso di continuare ad investigare su questi fatti). Ricordiamo che Santiago Maldonado è scomparso il 1 agosto dopo una retata della Gendarmeria nel Chubut, che la stessa non ha filmato la parte chiave dell’azione e ha mentito sui partecipanti; che dopo il violento operativo ha lavato i veicoli e alterato i registri di giornata, come denunciato dalla famiglia di Santiago. Interrogati poi sulla possibile esistenza di un “patto del silenzio” tra le autorità politiche e la Gendarmeria per nascondere la verità su quanto è accaduto nei pressi della Ruta 40, il 47,9 % dei partecipanti al sondaggio del Ceop ha risposto che considera certa questa possibilità, contrariamente al 38,7% che non la ritiene una ipotesi plausibile. Dubbi, sfiducie, malcontenti – osservati anche qualche giorno fa durante una tappa della campagna elettorale a La Pampa, dove lauto di Macri e quelle della delegazione che lo accompagnava sono state oggetto di lanci di uova e di parole pesanti3 – che rischiano di metterlo in seria difficoltà a pochissimi giorni dalle elezioni del 22 ottobre, quando gli argentini andranno alle urne per rinnovare la metà della Camera dei Deputati e un terzo della Camera dei Senatori. https://www.youtube.com/watch?v=iIiJsIK6Ru4

Come ha scritto Josè Schulman, segretario della Liga Argentina por los Derechos del Hombre, su Pagina 12: «Dalla desaparición forzada di Santiago Maldonado una battaglia culturale molto feroce si sta combattendo nella società argentina […] Il governo e coloro che lo accompagnano, sostengono e conducono, dall’ambasciata statunitense, dai media di propaganda e dal potere economico, pretendono che Santiago sia un bugiardo che si è nascosto per sconvolgere Macri e favorire l’opposizione […] Al crimine di Stato non basta nascondere: ha bisogno di mentire, di costruire un racconto falso in alternativa alla pura verità. Perciò l’azione dei famigliari e degli amici, degli organismi dei diritti umani e dei movimenti popolari si possono riassumere in una sola azione: quella di esercizio, di militanza della verità […] I falsificatori della verità si

Ph. Ggsasia/Wikimedia Commons

appoggiano sulle nostre conquiste della memoria, sulla percezione popolare di come le dittatura militari, per esempio quelle di Videla o Pinochet, hanno utilizzato la desapariciòn forzada in maniera massiccia, sistematica e pianificata. E’ per questo che loro domandano cinicamente: come potrebbe trattarsi di una sparizione forzata se questa non è una dittatura? […] Non siamo in una epoca di dittatura ma non siamo nemmeno in un periodo in cui vigono le garanzie costituzionali e il pieno funzionamento degli spazi democratici […] Come una rana che, messa in acqua fredda, si cucina lentamente senza rendersene conto, di pari passo coprendo la desaparición forzada di Santiago, pretendono di portarci in uno stato autoritario mascherato da democrazia […] Le marce del 1 ottobre ci indicano però che c’è un enorme settore sociale che non si rassegna a vivere senza Santiago e senza stato di diritto».

1 Già il 5 settembre, a più di un mese dalla scomparsa di Santiago, durante una conferenza stampa Macri aveva sottolineato che il governo se ne stava occupando in collaborazione con la giustizia e senza scartare alcuna pista.

2 La donna è una degli eredi del commerciante di origini tedesche Adolfo Jorge Bullrich, arricchitosi a dismisura durante la Campaña del Desierto vendendo (rematando, che significa anche “uccidendo due volte”), attraverso la sua Casa d’aste, le terre sottratte ai popoli originari.

3Durante il discorso un Mapuche, Alejandro Nahuel, è stato picchiato dalla sicurezza per aver domandato se anche per i pueblos originarios fosse prevista una maggiore inclusione e crescita, come auspicato da Macri. Nahuel ha successivamente commentato: “Sta dicendo, il presidente, che qui c’è allegria, rispetto, convivenza: queste sono tutte bugie. Le nostre comunità Mapuche stanno soffrendo e lo vogliamo far sapere al presidente e a tutta la popolazione che sta qui”.